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Aripiprazolo A Cosa Serve?

Aripiprazolo A Cosa Serve

Perché si prendono gli antipsicotici?

Farmaci antipsicotici: a cosa servono, informazioni utili Dettagli Pubblicato: 26 Maggio 2020

  • Gli antipsicotici sono utilizzati nella cura di varie condizioni psicopatologiche, tra cui i disturbi psicotici, i gravi disturbi dell’umore, come la mania e la depressione delirante, gli stati di agitazione psicomotoria e di psicosi indotti da sostanze e i disturbi del comportamento nella,
  • Il meccanismo d’azione comune a tutti i farmaci di questa classe è il blocco degli effetti della dopamina, una sostanza che regola la comunicazione tra le cellule di varie aree del cervello.
  • Gli antipsicotici hanno un rapido effetto, entro poche ore dall’assunzione, sull’agitazione e sull’ansia, mentre la loro azione nei confronti dei disturbi (sintomi) psicotici, che si esercita soprattutto sulle e i deliri, richiede periodi più lunghi, in genere 2-4 settimane.

Gli antipsicotici possono essere presi per via orale (in compresse o capsule) o tramite iniezione. Esistono anche antipsicotici a rilascio lento che grazie al loro effetto prolungato possono essere presi a intervalli di tempo molto lunghi (da una somministrazione a settimana a una ogni quattro settimane).

Gli effetti collaterali (reazioni avverse) sono molto variabili da persona a persona. In particolare, gli antipsicotici richiedono uno stretto controllo nelle persone che soffrono di, una malattia che può provocare convulsioni. Anche le persone che soffrono di malattie cardiovascolari (malattie che interessano cuore, vasi sanguigni, circolazione) devono essere seguite attentamente.

In genere l’obiettivo del medico è ottenere il controllo dei disturbi (sintomi) con la più bassa dose possibile di farmaco. Per raggiungere questo risultato, può prescrivere differenti farmaci, a varie dosi e intervalli di assunzione. Gli antipsicotici di prima generazione (ossia quelli prodotti per primi) sono chiamati anche antipsicotici tipici o neurolettici,

  • mancanza di forza e di volontà (la cosiddetta sindrome negativa da antipsicotici)
  • irrequietezza
  • disturbi del movimento
  • sedazione
  • aumento di peso
  • bocca secca
  • ritenzione urinaria
  1. Effetti avversi meno comuni riguardano la pelle, la sfera sessuale e il sangue.
  2. Un effetto avverso raro, ma grave, che richiede un intervento medico urgente, è la cosiddetta sindrome maligna da antipsicotici, caratterizzata da alta, rigidità e alterazione del tono muscolare, riduzione della capacità di muoversi, mutismo, confusione, agitazione o sedazione, tremore, aumento della frequenza cardiaca, e aumento/oscillazioni della pressione arteriosa.
  3. Gli antipsicotici di prima generazione includono:
  • clorpromazina
  • flufenazina
  • aloperidolo
  • perfenazina
  • clotiapina
  • promazina
  • trifluperazina
  • tioridazina

Questi antipsicotici sono meno costosi rispetto a quelli di seconda generazione, specialmente nella versione generica, fattore che può divenire più significativo nei casi che richiedono trattamenti di lungo periodo. Gli antipsicotici di seconda generazione, detti anche antipsicotici atipici, agiscono bloccando sia gli effetti della dopamina, sia della serotonina, sostanza che regola numerose funzioni dell’organismo.

  1. Questi farmaci sono efficaci sul delirio e sulle e uno di questi farmaci, la clozapina, è dotato di un’efficacia particolare nelle persone con,
  2. Rispetto agli antipsicotici tipici, o di prima generazione, gli antipsicotici atipici sono spesso meglio tollerati, non inducono mancanza di forza e di volontà, causano più raramente disturbi del movimento, se non alle dosi più elevate, mentre permane il rischio di sindrome maligna da antipsicotici.

In virtù dei minori effetti avversi, questi farmaci vengono di solito preferiti a quelli di prima generazione. Vi sono tuttavia anche per questi farmaci alcuni aspetti critici sul piano della tollerabilità. Varie molecole, soprattutto clozapina e olanzapina, si associano ad aumento di peso corporeo e ad alterazioni del metabolismo del glucosio e dei, con conseguente aumento dei livelli di tali sostanze.

  • aripiprazolo
  • asenapina
  • brexpiprazolo
  • cariprazina
  • clozapina
  • iloperidone
  • lurasidone
  • olanzapina
  • paliperidone
  • quetiapina
  • risperidone
  • ziprasidone

Come accennato, gli antipsicotici possono essere somministrati anche tramite iniezione sottocutanea o intramuscolare. A seconda del farmaco prescritto, le persone possono ricevere le iniezioni una volta ogni 2/4 settimane. Questo tipo di soluzione può essere preferibile qualora la somministrazione per bocca risulti poco pratica e per assicurare l’aderenza alla terapia.

  • aripiprazolo
  • flufenazina decanoato
  • aloperidolo decanoato
  • paliperidone
  • risperidone

Gli antipsicotici possono provocare svariati effetti collaterali (reazioni avverse), sebbene non uguali per tutti e con intensità variabili da persona a persona. In caso si presentino effetti avversi, specie se questi diventano molto fastidiosi, è bene rivolgersi allo specialista che li ha prescritti, che potrà consigliare un diverso tipo di terapia antipsicotica (leggi la ).

  1. È di estrema importanza non interrompere mai il trattamento di propria iniziativa.
  2. Una brusca interruzione della terapia prescritta comporta, infatti, un rischio molto alto di aggravamento dei disturbi (sintomi) o di una loro ricomparsa, nel caso non fossero più presenti.
  3. La sospensione dell’assunzione di questo tipo di farmaci deve sempre avvenire su indicazione dello specialista, ed essere effettuata in maniera graduale e sotto attento controllo medico.

Prossimo aggiornamento: 26 Maggio 2022 : Farmaci antipsicotici: a cosa servono, informazioni utili

Quanto ci mette l aripiprazolo a fare effetto?

BUSSOLA Aripiprazolo A Cosa Serve M.Miselli Daniela Zanfi Abilify Bristol-Myers Squibb

28 compresse 5 mg 28 compresse 10 mg 28 compresse 15 mg € 138,63 € 147,88 € 147,88

Classe A del PTN. Indicazioni registrate: Trattamento della schizofrenia. Proprietà farmacologiche L’aripiprazolo è un derivato chinolonico dotato di attività agonista parziale sui recettori dopaminergici D 2, Teoricamente, questa caratteristica dovrebbe consentirgli di ridurre i livelli di dopamina quando eccessivi e di aumentarli quando troppo bassi, evitando sia l’iperreattività (allucinazioni, deliri) che l’iporeattività (apatia, mancanza di motivazioni).

L’aripiprazolo agisce come agonista parziale anche sui recettori serotoninergici 5HT 1A e come antagonista su quelli 5HT 2, In vitro, mostra una moderata affinità di legame per i recettori alfa1-adrenergici e istaminici H 1, Ben assorbito dopo somministrazione orale, raggiunge livelli plasmatici massimi dopo 3-5 ore.

Viene ampiamente metabolizzato a livello epatico ed eliminato con le urine (27%) e le feci (60%) con una emivita di 60-75 ore.

  • Efficacia clinica
  • Confronti con placebo
  • Confronti con antipsicotici tradizionali
  • Nell’ultimo studio (n=414), aripiprazolo (15 e 30 mg/die) e aloperidolo (10 mg/die) si sono equivalsi, dimostrandosi più efficaci del placebo sia nella scala di valutazione PANSS che in quella CGI.

Per stabilire l’efficacia dei farmaci impiegati nel trattamento della schizofrenia vengono generalmente utilizzate 4 scale di valutazione. La Positive and Negative Syndrome Scale (PANSS), che misura i sintomi positivi (es. allucinazioni, deliri), i sintomi negativi (es.

apatia, tendenza all’isolamento, attenuazione dell’affettività, impoverimento dell’eloquio) e quelli non specifici (psicopatologici); la Brief Psychiatric Rating Scale (BPRS) che costituisce a tutti gli effetti una derivazione semplificata della PANSS; la Clinical Global Impression (CGI), una scala Likert semplice a sette punti che fornisce l’opinione del medico sulla gravità e la variazione dei sintomi; e infine la Scale for the Assessment of Negative Symptoms (SANS), che valuta in modo specifico la variazione dei sintomi negativi.

In uno studio randomizzato, in doppio cieco, della durata di 6 settimane, condotto su 420 pazienti schizofrenici con esacerbazione acuta della malattia, l’aripiprazolo (10, 15 o 20 mg/die) è risultato più efficace del placebo nella scala di valutazione PANSS (la principale misura di esito), senza una relazione dose-effetto dimostrata.

In uno studio in doppio cieco, effettuato su 310 pazienti con schizofrenia cronica stabilizzata, dopo 26 settimane di trattamento, nel gruppo aripiprazolo (15 mg al giorno) la percentuale di ricadute è risultata significativamente più bassa rispetto a quello placebo (34% contro 57%). Tre studi randomizzati, controllati, di breve durata (4 settimane) hanno confrontato l’aripiprazolo con l’aloperidolo su un totale di 824 pazienti schizofrenici con psicosi acuta.

Nel primo studio (n=103), aripiprazolo (30 mg al giorno) e aloperidolo (20 mg al giorno) hanno prodotto un analogo miglioramento nel punteggio PANSS, superiore a quello osservato con placebo. Nel secondo (n=307), l’aripiprazolo (2, 10 e 30 mg/die) si è dimostrato analogo al placebo nella scala BPRS, ma più efficace, al dosaggio di 30 mg/die, nel punteggio CGI, mentre l’aloperidolo (10 mg/die) è risultato superiore al placebo nella scala CGI.

L’efficacia a lungo termine dell’aripiprazolo è stata valutata in due studi in doppio cieco dall’identico protocollo, analizzati cumulativamente,, In totale, 1.294 pazienti con recidiva acuta di schizofrenia cronica sono stati randomizzati ad aripiprazolo (30 mg al giorno) o ad aloperidolo (10 mg al giorno) per 52 settimane.

Al termine delle 52 settimane, nella principale misura di esito, la percentuale dei responder al trattamento (riduzione minima del 20% nel punteggio globale sulla scala PANSS) non sono emerse differenze tra i due farmaci (77% con aripiprazolo e 73% con aloperidolo).

Confronti con antipsicotici atipici Uno studio randomizzato, in doppio cieco, della durata di 4 settimane, ha confrontato l’aripiprazolo (20 o 30 mg al giorno) col risperidone (6 mg al giorno) e il placebo in 404 pazienti con schizofrenia acuta o disturbo schizoaffettivo, Aripiprazolo e risperidone hanno prodotto miglioramenti simili, superiori a quelli registrati con placebo, nelle scale PANSS e CGI.

Non esistono dati pubblicati sull’impiego dell’aripiprazolo in pazienti schizofrenici resistenti ad altri trattamenti. Effetti indesiderati Negli studi clinici della durata di 4-6 settimane, gli eventi avversi più frequenti dell’aripiprazolo sono stati cefalea (32%), agitazione (31%), ansia (25%) e insonnia (24%),,

  • Effetti extrapiramidali Nello studio di confronto col risperidone, l’incidenza degli effetti extrapiramidali è stata simile: 32% e 31% con aripiprazolo (20 mg e 30 mg) e 31% con risperidone.
  • In un altro studio a breve termine, sintomi parkinsoniani si sono manifestati nel 18-20% dei pazienti trattati con aripiprazolo (15 mg e 30 mg) e nel 36% di quelli trattati con aloperidolo contro il 21% di quelli trattati con placebo.

Nello studio di 1 anno, il gruppo aripiprazolo ha avuto una incidenza complessivamente inferiore di effetti extrapiramidali rispetto al gruppo aloperidolo (24% contro 57%), mentre la discinesia tardiva è risultata simile (0,6% contro 0,9%),, Viene riportato un aggravamento della malattia, senza miglioramento della psicosi acuta, in un paziente con morbo di Parkinson trattato con aripiprazolo.

  1. Aumento di peso
  2. Iperglicemia
  3. Effetti cardiovascolari

Nei trial a breve termine, un incremento ponderale significativo (definito come un aumento del peso corporeo maggiore o uguale al 7%) si è verificato nel 12% dei pazienti trattati con aripiprazolo, nel 14% dei pazienti trattati con aloperidolo, nel 16% di quelli trattati con risperidone contro il 5% con placebo.

  1. Nello studio di 1 anno, l’incremento ponderale medio è stato di 1,05 kg con l’aripiprazolo e 0,39 kg con l’aloperidolo.
  2. In uno studio in doppio cieco della durata di 26 settimane, l’impiego di aripiprazolo (15 e 20 mg/die) si è associato ad un aumento clinicamente significativo di peso nel 13% dei pazienti contro il 33% dei pazienti trattati con olanzapina (10 e 20 mg/die).

I dati riguardanti l’impiego a breve termine dell’aripiprazolo indicano nello 0,2% l’incidenza di iperglicemia. Nello studio di confronto con l’olanzapina, durato 26 settimane, l’insorgenza di diabete è risultata simile nei due gruppi di pazienti (0,8%).

  1. Negli studi di 4-6 settimane, a sviluppare ipotensione ortostatica è stato il 14% dei pazienti con aripiprazolo, l’11% con aloperidolo, il 17% con risperidone contro il 9% con placebo 5,
  2. Un prolungamento dell’intervallo QT si è osservato solo a dosi di aripiprazolo superiori a 75 mg.
  3. Anziani In pazienti anziani con psicosi e/o disturbi comportamentali associati a demenza, il trattamento con aripiprazolo ha comportato un aumento, dose-correlato, di eventi avversi cerebrovascolari (come ictus, TIA) rispetto al placebo (1,3% contro 0,6%).

Degenerazione retinica Nei ratti albini, la somministrazione cronica di alte dosi di aripiprazolo ha causato la comparsa di degenerazione retinica e litiasi biliare, eventi non osservati negli studi clinici. Altri effetti indesiderati segnalati con l’uso dell’aripiprazolo sono stati dispepsia (14%), nausea (14%) e vomito (12%).

Sono stati riportati anche un caso di sindrome neurolettica maligna e convulsioni. Gravidanza e allattamento Negli studi su animali (ratti, conigli), sono stati osservati segni di tossicità sullo sviluppo, compresi una ritardata ossificazione fetale dose-dipendente e possibili effetti teratogeni 3, Non esistono studi specifici in donne gravide.

Non si sa se l’aripiprazolo venga escreto nel latte materno.

  • Interazioni
  • Dosaggio
  • Costi

L’aripiprazolo è metabolizzato attraverso diverse vie che coinvolgono gli enzimi epatici CYP2D6 e CYP3A4. Quando viene somministrato insieme a inibitori del 2D6 quali chinidina, fluoxetina o paroxetina, o con inibitori del 3A4 come ketoconazolo, itraconazolo, eritromicina, il dosaggio dell’aripiprazolo dovrebbe essere ridotto di circa la metà.

L’impiego concomitante con induttori del 3A4 come carbamazepina, rifampicina o fenitoina, comporta, invece, una diminuzione dei livelli plasmatici del farmaco e la necessità di raddoppiare le dosi di aripiprazolo.15 mg/die come dose di partenza e di mantenimento. Un mese di trattamento con aripiprazolo, al dosaggio di 15 mg al giorno, ha un costo di 147,88 euro.

Un analogo trattamento con risperidone (6 mg/die, es. Risperdal ) ha un costo di circa 146 euro, con olanzapina (10 mg/die, Zyprexa ) di 147,94 euro, contro i 5,72 euro con aloperidolo (10 mg/die, es. Serenase ).

L’aripiprazolo è un nuovo antipsicotico “atipico” che, sulla base degli studi disponibili, per lo più riferiti a trattamenti di 4-6 settimane, dimostra una efficacia analoga a quella di aloperidolo e risperidone. Il profilo degli effetti indesiderati a breve termine è quello degli altri neurolettici, ma mancano dati sul lungo periodo sul rischio dei gravi eventi avversi osservati nell’animale. Nei pazienti anziani trattati con aripiprazolo, così come è avvenuto con olanzapina e risperidone, è documentata una aumentata incidenza di eventi cerebrovascolari (ictus e TIA).

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Che effetto fa l aripiprazolo?

Indicazioni terapeutiche dell’Aripiprazolo: quando si usa? – L’utilizzo dell’ aripiprazolo per via orale è indicato:

Nel trattamento di adulti e adolescenti a partire dai 15 anni di età affetti da schizofrenia ; Nel trattamento di episodi maniacali di grado da moderato a severo in adulti e adolescenti a partire dai 13 anni di età affetti da disturbo bipolare di tipo 1 ; Per prevenire un nuovo episodio maniacale in pazienti adulti affetti da disturbo bipolare di tipo 1 che hanno avuto prevalentemente episodi maniacali e che hanno risposto al trattamento con aripiprazolo.

L’impiego dell’ aripiprazolo iniettabile è indicato per trattare velocemente sintomi di agitazione e comportamento distruttivo in pazienti adulti con schizofrenia o con episodi maniacali del disturbo bipolare di tipo 1 nei casi in cui la terapia orale non è indicata.

Quanto dura la terapia con aripiprazolo?

La durata del trattamento deve essere la minima necessaria per il controllo dei sintomi e non deve eccedere le 12 settimane.

Quali sono i sintomi di una psicosi?

Disturbi psicotici: che cosa e quali sono? | Psicologa Isabelli Castelli | | Disturbi psicotici I disturbi psicotici (psicosi) rappresentano forme gravi ed estreme di sofferenza psichica. Le persone che soffrono di tali disturbi hanno spesso allucinazioni, mostrano di non ragionare e di avere convinzioni palesemente assurde,

False convinzioni che comportano un’interpretazione non corretta della realtà, con il valore di convincimento irrinunciabile a scapito di prove che la confutano, per cui la persona non vuole cambiare le proprie convinzioni erronee nemmeno di fronte ai ragionamenti più logici. Percezioni senza oggetto, per cui la persona vede, ascolta, gusta, odora o sente al tatto qualcosa che in realtà non c’è e che gli altri non percepiscono. La persona può essere consapevole o meno di stare avendo un’allucinazione. Discorsi senza un filo logico, per cui la persona passa regolarmente da un argomento all’altro, non risponde mai direttamente alle domande e, nei casi più gravi, parla in un modo del tutto incomprensibile agli altri (‘insalata di parole’). Non arrivare al punto, per cui ad esempio la persona non riesce a prepararsi un pasto oppure può comportarsi in modo del tutto inappropriato, come ad esempio gridare in pubblico senza una ragione. Arresto motorio, per cui la persona non risponde agli stimoli dell’ambiente e si blocca fisicamente in una determinata postura. Altre volte, invece, il comportamento catatonico consiste nel ripetere incessantemente una determinata frase o un movimento visto fare da un’altra persona. In generale la persona esprime molto poco le sue emozioni, il viso appare immobile e lo sguardo è fisso. La persona si esprime verbalmente mediante risposte brevi, telegrafiche ed essenziali; raramente inizia spontaneamente una conversazione. Il soggetto tende a non iniziare né a portare a termine le sue attività; passa la maggior parte del tempo seduto, senza mostrare interesse per ciò e per coloro che gli stanno intorno.

Appartengono ai disturbi psicotici :

E’ caratterizzata da sintomi psicotici così gravi e stabili nel tempo – presenti da almeno sei mesi – che il rapporto con la realtà è cronicamente compromesso. La persona presenta sintomi di alterazione del pensiero, del comportamento e dell’affettività, con un forte disadattamento che compromette le capacità sociali, lavorative e di cura di sè. E’ caratterizzato da convinzioni deliranti, presenti almeno da un mese, che risultano costanti e pervasive nella vita della persona. I deliri non sono bizzarri, ossia possono apparire plausibili agli occhi degli altri in quanto riguardano situazioni che potrebbero verificarsi nella vita di un soggetto anche se, ad un ulteriore esame, ci si rende conto che la convinzione è delirante, appunto errata. Presenta gli stessi sintomi psicotici della schizofrenia ma ha una durata minore, da uno a sei mesi. Inoltre la persona può aver mantenuto le sue capacità sociali, lavorative e di cura di sè. E’ una situazione di scompenso grave, drammatica, e spesso rappresenta la risposta ad un evento stressante. Il soggetto manifesta una crisi acuta con sintomi di tipo psicotico, per cui perde il normale rapporto con la realtà e sviluppa allucinazioni, deliri ed un comportamento strano, bizzarro e disorganizzato, aggressivo o violento, potenzialmente pericoloso per sè o per gli altri. I sintomi psicotici sono presenti per un breve periodo di tempo, più di un giorno e meno di un mese. Si tratta di un disturbo psicotico indotto, la cui manifestazione essenziale è un sistema delirante che si sviluppa in una seconda persona conseguentemente ad una relazione molto stretta con un altro soggetto, il caso primario, che abbia già un disturbo psicotico con rilevanti deliri. Questi ultimi sono solitamente di tipo persecutorio, ed un tipico esempio è quello della follia imposta, in cui il soggetto psicotico primario domina la relazione patologica ed impone gradualmente il suo sistema delirante all’altro, più passivo ed inizialmente sano. E’ una condizione in cui la persona sperimenta una combinazione di sintomi della schizofrenia, come allucinazioni o deliri, con dei sintomi dei disturbi dell’umore, come depressione o mania. La persona con disturbo schizoaffettivo può condurre una vita solitaria ed ha problemi sociali.

: Disturbi psicotici: che cosa e quali sono? | Psicologa Isabelli Castelli

Chi prende l aripiprazolo?

É utilizzato nel trattamento della schizofrenia,

Chi assume aripiprazolo può guidare?

Aripiprazolo altera lievemente o moderatamente la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari a causa dei possibili effetti sul sistema nervoso e sulla visione, come sedazione, sonnolenza, sincope, visione offuscata, diplopia (vedere paragrafo 4.8).

Cosa succede se si smette di prendere antipsicotici?

I fenomeni di astinenza – ” Non dobbiamo andare a confondere questi effetti con quelli di astinenza, perché sono di qualità notevolmente diversa e riguardano alcuni farmaci in particolare, anche se oggi si tende a rendere più labile il confine classificatorio tra astinenza e rebound in questi casi” specifica lo psichiatra.

Questi fenomeni di astinenza hanno un nucleo comune in una sindrome vegetativa con ansia, tensione, tremori, ipertensione, crampi muscolari, sudorazione e nei casi più gravi anche sindromi confusionali con aspetti cognitivi e neurologici. Tale presentazione, variabile da soggetto a soggetto e da sostanza a sostanza, ha un nucleo comune a tutte le astinenze dall’alcool agli oppiacei alle benzodiazepine in particolare tra i farmaci psicotropi e declinazioni diverse a secondo della sostanza.

“Esistono poi rarissimi casi di sindromi causate dalla sospensione brusca come la sindrome serotoninergica per gli antidepressivi, con peculiare attività sulla serotonina e la sindrome neurolettica maligna da sospensione di antipsicotici che costituiscono, nei casi più gravi, un’emergenza in cui il quadro clinico talvolta deve essere gestito con supporto medico ospedaliero per le conseguenze fisiche che possono avere”, aggiunge il Professore.

Che effetto fanno gli antipsicotici?

Gli antipsicotici di 2a generazione bloccano i recettori della dopamina in maniera più selettiva rispetto agli antipsicotici convenzionali, diminuendo il rischio di effetti avversi extrapiramidali (motori).

Come sostituire aripiprazolo?

Risperidone (Risperdal, Belivon)

Quali sono gli effetti collaterali di ABILIFY?

04.8 Effetti indesiderati –

  • Riassunto del profilo di sicurezza
  • Le reazioni avverse più comuni riportate negli studi clinici controllati con placebo sono acatisia e, ciascuna delle quali si è manifestata in più del 3 % dei pazienti trattati con aripiprazolo orale.
  • Tabella delle reazioni avverse
  • Le seguenti reazioni avverse si sono manifestate più spesso (≥ 1/100) rispetto al placebo, o sono state identificate come reazioni avverse con possibile rilevanza medica (*).
  • La sottoelencata frequenza è descritta utilizzando la seguente convenzione: comune (da ≥ 1/100 a
Disturbi psichiatrici
Comuni :,,
Non comuni : *, ipersessualità
Patologie del
Comuni : sintomi extrapiramidali, acatisia, tremore,, sonnolenza, sedazione,
Patologie dell’
Comuni :
Non comuni : diplopia
Non comuni : tachicardia*
Patologie vascolari
Non comuni : *
Patologie gastrointestinali
Comuni :,, nausea,, ipersecrezione
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Comuni : affaticamento

Descrizione di reazioni avverse particolari Sintomi extrapiramidali Schizofrenia – in uno studio a lungo termine controllato di 52 settimane, i pazienti trattati con aripiprazolo hanno avuto un’incidenza globalmente inferiore (25,8 %) di sintomi extrapiramidali incluso parkinsonismo, acatisia, e discinesia rispetto a quelli trattati con (57,3 %).

  • In uno studio a lungo termine, controllato verso placebo, di 26 settimane, l’incidenza di sintomi extrapiramidali è stata del 19 % per i pazienti trattati con aripiprazolo e del 13,1 % per i pazienti trattati con placebo.
  • In un altro studio a lungo termine controllato di 26 settimane, l’incidenza dei sintomi extrapiramidali è stata del 14,8 % per i pazienti trattati con aripiprazolo e del 15,1 % per i pazienti trattati con,

Episodi maniacali nel Disturbo Bipolare di Tipo I – in uno studio controllato di 12 settimane, l’incidenza dei sintomi extrapiramidali è stata del 23,5 % nei pazienti trattati con aripiprazolo e del 53,3 % nei pazienti trattati con aloperidolo. In un altro studio di 12 settimane, l’incidenza dei sintomi extrapiramidali è stata del 26,6 % nei pazienti trattati con aripiprazolo e del 17,6 % in quelli trattati con litio.

  1. In uno studio a lungo termine controllato con placebo, nella fase di mantenimento di 26 settimane, l’incidenza dei sintomi extrapiramidali è stata del 18,2 % nei pazienti trattati con aripiprazolo e del 15,7 % nei pazienti trattati con placebo.
  2. Acatisia In studi controllati con placebo, l’incidenza dell’acatisia in pazienti con disturbo bipolare è stata del 12,1 % con aripiprazolo e del 3,2 % con placebo.

Nei pazienti con schizofrenia l’incidenza dell’acatisia è stata del 6,2 % con aripiprazolo e del 3,0 % con placebo. Distonia Effetto di classe: sintomi di distonia, contrazioni anormali prolungate di gruppi, possono manifestarsi in individui sensibili durante i primi giorni di trattamento.

  1. Sintomi distonici includono: spasmo dei del collo, a volte progressivi fino al restringimento della gola, difficoltà a, difficoltà di e/o protrusione della lingua.
  2. Mentre questi sintomi possono manifestarsi a bassi dosaggi, gli stessi possono manifestarsi più frequentemente e con maggiore gravità con medicinali antipsicotici di prima generazione ad alta e a dosaggi più alti.

Rischio elevato di distonia acuta è stato osservato in pazienti maschi e gruppi di pazienti di più giovane età. Il confronto tra aripiprazolo e placebo circa la proporzione di pazienti che hanno mostrato alterazioni dei parametri routinari e lipidici di laboratorio (vedere paragrafo 5.1) di potenziale significato clinico non ha mostrato differenze importanti dal punto di vista medico.

  1. Popolazione pediatrica
  2. Schizofrenia negli adolescenti a partire da 15 anni di età
  3. In uno studio clinico a breve termine, controllato con placebo, su 302 adolescenti (13-17 anni) con schizofrenia, la frequenza e tipo di reazioni avverse sono risultati simili a quelli degli adulti eccetto che per le seguenti reazioni, riportate più frequentemente in adolescenti trattati con aripiprazolo che non negli adulti trattati con aripiprazolo (e più frequentemente che con placebo):
  4. Sonnolenza/sedazione e disturbi extrapiramidali sono stati riportati molto comunemente (≥ 1/10), e, ed ortostatica sono stati riportati comunemente (≥ 1/100, prolattina è stata nelle femmine (
  5. Episodi maniacali nel Disturbo Bipolare di Tipo I negli adolescenti a partire da 13 anni di età
  6. La frequenza e il tipo di reazioni avverse negli adolescenti con Disturbo Bipolare di Tipo I sono risultati simili a quelli degli adulti eccetto che per le seguenti reazioni: sonnolenza (23,0 %), disturbi extrapiramidali (18,4 %), acatisia (16,0 %), e affaticamento (11,8 %) sono state molto comuni (≥ 1/10); nei quadranti superiori, aumento della, aumento di peso, aumento di, e discinesia sono state comuni (≥ 1/100,
  7. Le seguenti reazioni avverse hanno presentato una possibile relazione con la dose; disturbi extrapiramidali (le incidenze sono state 9,1 % con 10 mg, 28,8 % con 30 mg, 1,7 % con placebo); e acatisia (le incidenze sono state 12,1 % con 10 mg, 20,3 % con 30 mg, 1,7 % con placebo).
  8. Le modifiche medie del in adolescenti con Disturbo Bipolare di Tipo I a 12 e 30 settimane sono state rispettivamente 2,4 kg e 5,8 kg con aripiprazolo e 0,2 kg e 2,3 kg con placebo.
  9. Nella popolazione pediatrica sonnolenza e affaticamento sono stati osservati più frequentemente nei pazienti con disturbo bipolare rispetto a quelli con schizofrenia.
  10. Nella popolazione pediatrica bipolare (10-17 anni) con una esposizione fino a 30 settimane, l’incidenza di livelli bassi di prolattina sierica nelle femmine (
  11. Esperienza post-marketing

Le seguenti reazioni avverse sono state riportate durante la vigilanza post-marketing. La frequenza di queste reazioni è considerata non conosciuta (non può essere stimata dai dati disponibili).

Patologie del sistema emolinfopoietico: ,,
Disturbi del : (per es., inclusi, della lingua,, o )
Patologie endocrine: iperglicemia, diabete mellito,, coma iperosmolare
Disturbi del metabolismo e della : aumento di peso, diminuzione di peso, anoressia,
Disturbi psichiatrici: agitazione,, gioco d’azzardo patologico; tentativo di suicidio, ideazione suicidaria e suicidio compiuto (vedere paragrafo 4.4)
: disturbi del linguaggio, Sindrome Maligna da Neurolettici (SNM), crisi -clonica generalizzata (grande male), sindrome serotoninergica
Patologie cardiache: prolungamento del tratto QT, ventricolare, morte improvvisa inspiegabile,, torsione di punta,
Patologie vascolari: , ipertensione, tromboembolia venosa (incluse e )
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche: spasmo orofaringeo,, polmonite ab ingestis
Patologie gastrointestinali: , disfagia, disagio addominale, disagio allo,
Patologie epatobiliari: insufficienza epatica,,, incremento dell’ (ALT), incremento dell’ (AST), incremento della gamma glutamiltransferasi (GGT), incremento della
Patologie della e del : rash, reazioni di fotosensibilità,,,
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del : rabdomiolisi,, rigidità
Patologie renali e urinarie: ,
Condizioni di gravidanza, e perinatali: sindrome da astinenza neonatale (vedere paragrafo 4.6)
Patologie renali e urinarie: urinaria, urinaria
Patologie dell’apparato riproduttivo e della :
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione: disturbo nella regolazione della (per es., piressia),, edema periferico
: incremento della creatin fosfochinasi, incremento dei livelli di glucosio nel sangue, fluttuazione dei livelli di glucosio nel sangue, incremento dell’

Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale.

Quante pastiglie di aripiprazolo?

La dose raccomandata negli adulti è di 15 mg una volta al giorno. Tuttavia il medico può prescriverle una dose più bassa o più alta fino ad un massimo di 30 mg una volta al giorno. Aripiprazolo può essere iniziato con una dose più bassa utilizzando la soluzione orale (liquida).

Quanto ci mettono gli psicofarmaci a fare effetto?

A cosa servono Gli antidepressivi, come indica il loro nome, sono utilizzati nella cura della Depressione e della fase depressiva del Disturbo Bipolare, Sono però molecole indispensabili anche nella terapia dei Disturbi d’Ansia, Gli Attacchi di Panico, il Disturbo Ossessivo-Compulsivo, l’Agorafobia e la Fobia Sociale sono tutte forme di ansia che devono essere curate con un farmaco antidepressivo.

Quali sono le classi più importanti di antidepressivi Gli antidepressivi più utilizzati nella pratica medica sono i Serotoninergici o SSRI (inibitori del re-uptake della serotonina). Sono farmaci molto maneggevoli che risolvono il più delle volte il quadro clinico. Nel caso in cui la risposta a queste molecole non sia sufficiente, si possono utilizzare gli antidepressivi Triciclici,

Ambedue queste classi di farmaci sono molto efficaci, si preferisce iniziare la terapia con i serotoninergici poiché sono molecole di formulazione più recente, che generano meno effetti collaterali e hanno poche controindicazioni. Esistono anche antidepressivi che agiscono sia sulla serotonina sia sulla noradrenalina, chiamati SNRI (inibitori del re-uptake di serotonina e noradrenalina), di cui il più noto è la Venlafaxina, antidepressivo anch’esso molto valido ed efficace, se prescritto nelle giuste situazioni e al dosaggio corretto.

In passato venivano usati anche altri tipi di farmaci a scopo antidepressivo ma il loro uso oggi è stato quasi completamente abbandonato, tra questi gli inibitori delle monoamino-ossidasi o IMAO, oramai in disuso per gli affetti collaterali e le possibili interazioni dannose, anche con alcuni cibi. Come funzionano gli antidepressivi Gli antidepressivi svolgono la loro azione terapeutica modulando e potenziando la disponibilità di alcuni neurotrasmettitori nello spazio inter-sinaptico, cioè in quel minuscolo spazio che divide un neurone dall’altro.

Gli SSRI, ad esempio, agiscono potenziando la trasmissione serotoninergica attraverso il blocco della ricaptazione della serotonina, lasciandone quindi una quantit maggiore a disposizione nello spazio tra una cellula nervosa e l’altra. I triciclici agiscono inibendo la ricaptazione di serotonina ma anche di adrenalina e dopamina.

  1. Gli IMAO, invece, agiscono inibendo l’azione degli enzimi che catabolizzano e cioè distruggono la molecola di neurotrasmettitore.
  2. I neurotrasmettitori implicati nella genesi della Disturbi d’Ansia e dei Disturbi d’Ansia sono diversi, modulare il tono di un neurotrasmettitore spesso influisce indirettamente sugli altri, alla fine si ottiene un buon equilibrio che porta alla risoluzione del quadro clinico.

Quanto tempo è necessario per sentire l’effetto dell’antidepressivo. La caratteristica tipica di questi farmaci è di avere un tempo di latenza di alcuni giorni prima di determinare l’effetto desiderato. È perciò molto importante informare il paziente che la terapia antidepressiva non ha un effetto immediato,

I primi benefici si avvertono in un periodo che va dalle due alle quattro settimane nella Depressione e può essere anche più lungo nei Disturbi d’Ansia. Il paziente informato adeguatamente sar più motivato a tollerare questo periodo di latenza senza preoccupazione. A volte può essere utile supportare il paziente, nelle prime fasi della terapia, con farmaci ad azione ansiolitica o per favorire il sonno, che è spesso disturbato in queste situazioni.

È buona regola rivedere il paziente a breve, dopo la prima prescrizione del farmaco, per valutare gli effetti collaterali e la risposta clinica. Quali effetti collaterali possono causare gli antidepressivi È necessario precisare che la giusta terapia non deve causare affetti collaterali disturbanti nella quotidianità del paziente, per questo motivo è importante monitorare che il singolo soggetto tolleri la terapia prescritta nelle prime fasi.

  • Un eccesso di effetti collaterali può significare che quel paziente non sopporta quella specifica molecola e impone al medico di modificare la terapia.
  • Questo è un’evenienza abbastanza comune, di facile riconoscimento e gestione per il medico specialista.
  • Gli effetti collaterali più fastidiosi si manifestano solitamente all’inizio della terapia e tendono a regredire dopo il periodo di latenza necessario per avere l’effetto desiderato.

Inizialmente il paziente potrebbe riferire una leggera nausea e un lieve aumento dell’ansia. Questi effetti sono del tutto transitori e sono ben controllati se le dosi vengono aumentate con gradualit e il farmaco viene assunto a stomaco pieno. Effetti collaterali più duraturi possono essere la stipsi, l’aumento del peso corporeo e il ritardo dell’eiaculazione.

  1. Nei soggetti con un’ipertrofia prostatica ancora non sintomatica pu comparire una maggiore difficolt alla minzione.
  2. Altri possibili effetti sono l’ipotensione ortostatica e, soprattutto con la Venlafaxina, un aumento della pressione arteriosa.
  3. Con i farmaci triciclici è possibile avere una riduzione della produzione di saliva e quindi secchezza a livello della mucosa della bocca.

Quanto deve durare la terapia con gli antidepressivi È importante che la terapia con antidepressivi sia prescritta al dosaggio corretto, non troppo alto da indurre effetti collaterali ma nemmeno troppo basso, con il rischio di non ottenere l’effetto desiderato.

Inoltre la cura deve essere protratta per un congruo periodo di tempo, anche dopo la risoluzione del quadro clinico. Soltanto in questo modo si possono avere risultati e mantenerli nel tempo. L’episodio depressivo si deve risolvere completamente altrimenti è più probabile una ricaduta. La terapia andr proseguita per alcuni mesi e quindi ridotta per un periodo di mantenimento.

Dopo la fase di attacco acuta e il mantenimento si potr concludere la terapia, avendo cura di ridurre il farmaco seguendo i criteri clinici per non esporre il paziente ai sintomi da sospensione. Gli antidepressivi possono essere assunti insieme ad altri farmaci Nella pratica clinica è molto comune prescrivere antidepressivi a pazienti che stanno già assumendo terapie farmacologiche per altre patologie.

Frequentemente i pazienti assumono farmaci per il controllo della pressione arteriosa o per problemi cardiaci. Altre patologie per le quali i pazienti sono spesso gi in terapia sono l’ipertrofia della prostata, il glaucoma oculare, l’aumento dei livelli di glicemia o di colesterolo. Ovviamente il medico deve indagare ed essere informato adeguatamente sulla presenza di eventuali patologie o terapie gi assunte dal paziente.

In linea di massima le controindicazioni assolute sono molto poche, La terapia con più farmaci contemporaneamente può essere effettuata comunemente, scegliendo la molecola più adatta e monitorando attentamente i dosaggi del farmaco e gli effetti terapeutici o collaterali del singolo paziente.

  • Eventuali terapie che dovessero rendersi necessarie durante l’assunzione dell’antidepressivo non solo solitamente controindicate, ad esempio antinfiammatori, antipiretici o antibiotici.
  • Gli antidepressivi possono essere assunti in gravidanza Durante la gravidanza vale la regola di utilizzare il minor numero di farmaci possibile.

È anche vero però che alcune situazioni di ansia e di depressione possono essere tanto intense da risultare a loro volta problematiche per lo svolgimento naturale della gravidanza, del parto e per la formazione di un buon legame tra la mamma e il suo bambino.

  • Sarà quindi il medico specialista a valutare le situazioni in cui l’utilizzo del farmaco è adeguato e necessario.
  • Gli studi più recenti segnalano che seguendo alcuni semplici criteri di sicurezza la terapia non determina danno al nascituro.
  • Chi deve prescrivere gli antidepressivi Gli antidepressivi possono e devono essere prescritti soltanto da un medico.

Se il medico di base ha una competenza in questo senso, potr consigliare il paziente sulla terapia adatta, oppure sar sempre il medico di base a fare da primo filtro, riconoscendo la presenza di un disturbo depressivo o ansioso e indirizzando il paziente verso lo specialista psichiatra.

  1. È necessario eseguire controlli prima o durante l’assunzione di antidepressivi È buona norma eseguire un elettrocardiogramma e la valutazione degli esami ematici di routine, in particolare la funzionalit epatica e renale, una volta all’anno.
  2. Queste precauzioni sono più che sufficienti e si rendono soprattutto necessarie nei soggetti anziani.

Come si sospende la terapia con gli antidepressivi Seguendo alcuni semplici principi la sospensione di questi farmaci non deve generare problemi al paziente, La prima regola è sicuramente quella di ridurre il farmaco in modo graduale. La sospensione inoltre, non dovrebbe mai avvenire durante i cambi di stagione, specialmente in primavera e in autunno o quando il paziente sta attraversando un momento complesso della propria esistenza, come ad esempio un cambio di lavoro, un trasloco, o difficolt personali o relazionali.

Cosa può provocare una psicosi?

La psicosi può essere scatenata da diversi tipi di fattori: cause psicologiche, malattie fisiche, abuso di sostanze, farmaci, dopamina, cambiamenti nel cervello. Il diverso tipo di causa psicologica può spesso determinare il tipo di episodio psicotico che si verificherà.

Qual è l antipsicotico più forte?

Durante gli ultimi 10-15 anni la commercializzazione degli antipsicotici di seconda generazione, chiamati anche atipici, ha ampliato le possibilità di trattamento della schizofrenia. Mentre gli studi clinici randomizzati e le revisioni sistematiche hanno dimostrato che la clozapina è più efficace degli antipsicotici di prima generazione, chiamati anche tipici, nei pazienti con schizofrenia resistente al trattamento è ancora aperto il dibattito sulla collocazione terapeutica degli altri antipsicotici atipici.

Per capire meglio la collocazione clinica dei nuovi antipsicotici è stata condotta una metanalisi tra gli antipsicotici di seconda generazione (amisulpride, aripiprazolo, clozapina, olanzapina, quetiapina, risperidone, sertindolo, ziprasidone e zotepina) e quelli di prima generazione (l’aloperidolo è stato il farmaco di confronto in 95 studi) ponendo particolare attenzione agli effetti avversi, che sono sempre un importante criterio da considerare nella scelta di un farmaco.

La metanalisi ha incluso 239 articoli per un totale di 21.533 pazienti. Amisulpride, clozapina, olanzapina e risperidone hanno mostrato una maggiore efficacia degli antipsicotici tipici sia in termini di efficacia complessiva sia nel trattamento della sintomatologia.

Al contrario, aripiprazolo, quetiapina, sertindolo, ziprasidone e zotepina non sono risultati più efficaci rispetto agli antipsicotici tipici. Per quanto riguarda la prevenzione delle ricadute olanzapina, risperidone e sertindolo hanno dimostrato di essere significativamente migliori rispetto agli antipsicotici di prima generazione, mentre amisulpride, aripiprazolo e clozapina non hanno mostrato nessun vantaggio.

In termini di miglioramento della qualità di vita gli antipsicotici più efficaci erano amisulpride, clozapina e sertindolo. Per quanto riguarda gli effetti avversi la valutazione è stata fatta in base alla classificazione degli antipsicotici di prima generazione in farmaci a elevata potenza (per esempio l’aloperidolo) e a bassa potenza (per esempio la clorpromazina).

Tutti gli antipsicotici di seconda generazione sono risultati associati a un minor numero di effetti collaterali extrapiramidali rispetto all’aloperidolo; tuttavia solo clozapina, olanzapina e risperidone hanno mostrato un profilo migliore rispetto ai farmaci di prima generazione a bassa potenza. Amisulpride, clozapina, olanzapina, quetiapina, risperidone, sertindolo e zotepina, a differenza di aripiprazolo e ziprasidone, sono stati associati a un significativo aumento del peso corporeo rispetto all’aloperidolo.

Non è emersa invece alcuna differenza significativa tra gli antipsicotici di seconda generazione e quelli di prima generazione a bassa potenza. Rispetto all’aloperidolo, l’unico antipsicotico atipico caratterizzato da un effetto sedativo significativamente inferiore è risultato l’aripiprazolo, al contrario clozapina, quetiapina e zotepina hanno mostrato un effetto sedativo superiore.

Rispetto agli antipsicotici di prima generazione a bassa potenza, solo la clozapina ha mostrato un effetto sedativo superiore. Quale farmaco scegliere Per una corretta interpretazione dei risultati, è necessario sottolineare come il confronto tra le due classi di antipsicotici presenti un bias a favore degli antipsicotici di seconda generazione: in particolare l’utilizzo dell’aloperidolo come farmaco di confronto invece degli antipsicotici di prima generazione di media potenza, che verosimilmente hanno la stessa efficacia dell’aloperidolo ma provocano con minore frequenza effetti avversi extrapiramidali.

A supporto di questa affermazione ci sono i due studi, lo studio CATIE2 e lo studio CUtLASS3, nei quali l’attenzione si focalizzava sull’efficacia clinica valutata in un contesto di cura molto vicino a quello dei nostri Servizi psichiatrici. Questi studi hanno rilevato come gli antipsicotici di prima generazione di media potenza potrebbero essere i più appropriati come termine di paragone per valutare l’effetto dei nuovi farmaci, in quanto inducono meno effetti extrapiramidali e non si assocerebbero ad aumento di peso e a sedazione.

  • In conclusione, nonostante la metanalisi suggerisca che alcuni antipsicotici atipici sono più efficaci dei tipici, singole sperimentazioni randomizzate, condotte in popolazioni di pazienti non selezionate, non confermano questi risultati.
  • In termini pratici profilo di tollerabilità, sicurezza, proprietà farmacologiche, efficacia e costi sono i parametri per decidere quale farmaco sia più opportuno in ciascun caso.

Bibliografia:


Lancet 2009;373:31-41. CDI #nnr#
N Engl J Med 2005;353:1209-23. CDI #nnn#
Arch Gen Psychiatry 2006;63:1079-86. CDI #nrr#


di Eleonora Esposito, Andrea Cipriani, Corrado Barbui Dipartimento di medicina e sanità pubblica, Sezione di psichiatria e psicologia clinica, Università di Verona

Quanto tempo dura una cura psichiatrica?

Quanto dura una cura di psicofarmaci? – La durata della terapia con psicofarmaci non può essere definita da una regola unica, poiché varia a seconda del tipo di disturbo, della gravità dei sintomi e della storia clinica del paziente. L’approccio più adeguato consiste nell’adottare una gestione personalizzata della terapia, adattandola alle specifiche esigenze di ogni individuo.

  • Facendo un discorso generale, la stragrande maggioranza dei trattamenti farmacologici in psichiatria ha una durata preventivata minore di 1-2 anni,
  • Ciò vuol dire che dopo questo periodo di trattamento, il farmaco può essere sospeso (in modo graduale, sotto controllo di un medico) mantenendo il beneficio raggiunto, in quanto un trattamento di tale durata consente di stabilizzare gli effetti positivi raggiunti.

Nel caso degli antidepressivi, ad esempio, il trattamento è spesso suddiviso in una fase acuta durante il picco della malattia e una fase di mantenimento. Quest’ultima può variare tra i sei e i nove mesi, durante i quali il paziente continua ad assumere il farmaco per prevenire ricadute e consolidare i progressi ottenuti.

  1. Per i casi di depressioni gravi o recidivanti, la terapia potrebbe estendersi per un anno o addirittura più a lungo.
  2. Vi sono poi alcune specifiche patologie psichiatriche – come ad esempio la schizofrenia e il disturbo bipolare – in cui in molti casi è consigliata una terapia farmacologica di mantenimento, che consente di tenere il disturbo ben controllato.

In questi casi, però, va sottolineato che è la patologia stessa ad avere un andamento cronico e ad essere presente per tutta la vita del soggetto, essendo in parte dipendente dal corredo genetico del soggetto affetto. Purtroppo, ad oggi, non esistono farmaci curativi in senso stretto per tali disturbi, ma i farmaci attuali consentono ai pazienti affetti da queste rilevanti patologie di mantenere un funzionamento generale ed una qualità di vita soddisfacenti, spesso meno probabili senza trattamento farmacologico.

Chi è un soggetto psicotico?

Cos’è la psicosi? – La psicosi è un serio problema di salute mentale che, per effetto di un’alterazione profonda dell’emotività e delle capacità di pensiero, porta l’individuo interessato a perdere ogni contatto con la realtà. Lo psicotico – cioè la persona con psicosi – è un soggetto che ha una visione distorta di quanto accade attorno a lui: si convince di cose non vere e crede di sentire o vedere cose del tutto inesistenti.

Come inizia la schizofrenia?

La schizofrenia è un disturbo mentale caratterizzato da perdita del contatto con la realtà (psicosi), allucinazioni (solitamente di tipo uditivo), forte attaccamento a false convinzioni (deliri), pensiero e comportamento anomalo, ridotte manifestazioni emotive, riduzione della motivazione, declino delle funzioni mentali (cognizione) e disturbi nelle funzioni quotidiane tra cui quelle lavorative, sociali e di autosufficienza.

La causa e il meccanismo della schizofrenia non sono noti. Le persone possono presentare una serie variabile di sintomi, dal comportamento bizzarro e incoerente al linguaggio disorganizzato, alla perdita di emozioni, alla riduzione o assenza del linguaggio, all’incapacità di concentrarsi e ricordare. I medici effettuano la diagnosi di schizofrenia sulla base dei sintomi, dopo aver condotto dei test per escludere altre possibili cause di psicosi. Il trattamento prevede l’uso di farmaci antipsicotici, programmi educativi e attività di supporto comunitarie, psicoterapia e educazione familiare. L’efficacia del trattamento può essere influenzata dalla corretta, o meno, assunzione dei farmaci prescritti. Una diagnosi e un trattamento precoci migliorano il funzionamento a lungo termine.

La schizofrenia è un problema sanitario rilevante in tutto il mondo. Il disturbo colpisce generalmente i giovani proprio nel momento in cui iniziano a stabilire la loro indipendenza e può portare a invalidità e disagio sociale per tutta la vita. In termini di costo psicologico ed economico, la schizofrenia è considerata una delle peggiori patologie che affliggono l’umanità.

  • La schizofrenia colpisce circa l’1% della popolazione mondiale, uomini e donne in egual misura.
  • Negli Stati Uniti, la schizofrenia causa circa 1 giornata di invalidità su 5 nei conteggi della previdenza sociale e rappresenta il 2,5% delle spese mediche totali.
  • La schizofrenia è più comune del morbo di Alzheimer e della sclerosi multipla.

I fattori che rendono i soggetti vulnerabili alla schizofrenia includono:

Predisposizione genetica Problemi sopraggiunti prima, durante o dopo la nascita, tra cui infezioni come l’influenza durante il secondo trimestre di gravidanza, carenza di ossigeno durante il parto, basso peso alla nascita e l’incompatibilità tra i gruppi sanguigni di madre e feto. Infezioni cerebrali Uso di cannabis nei primi anni dell’adolescenza

I soggetti con un genitore o fratelli affetti da schizofrenia presentano un rischio di sviluppo della malattia pari a circa il 10% laddove, nella popolazione generale, la percentuale di rischio è pari all’1%. In caso di gemelli identici (omozigoti), se uno dei due è affetto, l’altro presenta un rischio di sviluppare la schizofrenia di circa il 50%.

  • Tali dati statistici suggeriscono il coinvolgimento dell’ereditarietà.
  • L’esordio della schizofrenia può essere improvviso, nell’arco di giorni o settimane, oppure lento e graduale, nell’arco di diversi anni.
  • Sebbene la gravità e la varietà della sintomatologia siano diverse da soggetto a soggetto, i sintomi sono in genere sufficientemente gravi da interferire con la capacità lavorativa, la vita di relazione e la cura di sé.

I sintomi all’esordio (detti prodromi) sono lievi. Il soggetto può apparire introverso, disorganizzato o sospettoso. Il medico può riconoscere questi sintomi come esordio della schizofrenia, ma talvolta li riconosce solo in un secondo momento. La schizofrenia è caratterizzata da sintomi psicotici, come deliri, allucinazioni, pensiero e linguaggio disorganizzati, oltre a comportamento bizzarro e inappropriato.

  • I sintomi psicotici includono la perdita di contatto con la realtà.
  • In alcuni soggetti affetti da schizofrenia, la funzione mentale (cognitiva) si riduce, talvolta proprio a partire dall’esordio del disturbo.
  • Questo deficit cognitivo comporta difficoltà di attenzione, ideazione astratta e risoluzione dei problemi.

La gravità del deficit cognitivo è una determinante fondamentale dell’invalidità complessiva nei soggetti schizofrenici. Molti soggetti affetti da schizofrenia non hanno un impiego lavorativo e hanno scarsi, se non nulli, contatti con i familiari o altre persone.

Sintomi positivi Sintomi negativi Disorganizzazione Deficit cognitivo

I soggetti possono presentare i sintomi di una o tutte le categorie. I sintomi positivi implicano una distorsione delle funzioni normali, Tra questi:

I deliri consistono in false convinzioni che generalmente implicano un’errata interpretazione di percezioni o esperienze. Inoltre, il soggetto mantiene queste convinzioni nonostante siano contraddette da prove evidenti. Esistono vari possibili tipi di deliri. Ad esempio, i soggetti affetti da schizofrenia possono presentare deliri di persecuzione, credono di essere tormentati, seguiti, pedinati o spiati. Possono presentare deliri di riferimento, ad esempio credono che alcuni passaggi di libri, giornali o testi di canzoni siano diretti esplicitamente a loro. Possono presentare deliri di rimozione del pensiero o inserimento del pensiero, ritenendo che gli altri possano sapere ciò che essi pensano, che i loro pensieri vengano trasmessi ad altri o che pensieri e impulsi vengano loro imposti da forze esterne. Talvolta, nella schizofrenia i deliri possono essere bizzarri. I deliri bizzarri sono chiaramente inverosimili e non derivano dalle esperienze della vita comune. Ad esempio, il soggetto può pensare che qualcuno gli abbia asportato gli organi interni senza avergli lasciato una cicatrice. I deliri non bizzarri prevedono situazioni che potrebbero capitare nella vita reale, come essere seguiti o avere il coniuge o un partner infedele. Le allucinazioni possono essere uditive, visive, gustative oppure sensazioni fisiche che gli altri non hanno. Le più comuni sono quelle che riguardano il senso dell’udito (allucinazioni uditive). Una persona può sentire voci nella testa che commentano il suo comportamento, che parlano tra loro o che fanno commenti critici e offensivi.

I sintomi negativi comportano una riduzione o la perdita della normale funzionalità emotiva e sociale. Tra questi:

La ridotta espressione delle emozioni (depressione emotiva), comporta la manifestazione scarsa o assente delle emozioni. Il viso può apparire immobile. Il soggetto può ridurre o azzerare il contatto visivo, oppure non utilizzare le mani o la testa per aggiungere enfasi emotiva mentre parla. Situazioni che normalmente scatenano il riso o il pianto non provocano alcuna reazione. La povertà di linguaggio consiste in riduzione della comunicazione parlata. Le risposte alle domande spesso sono stringate, di una o due parole, dando l’impressione di un vuoto interiore. Con il termine anedonia si fa riferimento a una ridotta capacità di provare piacere. Il soggetto può mostrare scarso interesse verso le attività intraprese in precedenza e passare più tempo su attività afinalistiche. L’ asocialità è la mancanza d’interesse per il rapporto con altre persone.

Questi sintomi negativi sono spesso associati a una generale perdita di motivazione, scopi e obiettivi. La disorganizzazione consiste in disturbi dell’ideazione e comportamento bizzarro:

I disturbi dell’ideazione consistono nella disorganizzazione dei pensieri, che diventa evidente quando il discorso è sconnesso o passa da un argomento a un altro. Il linguaggio può essere solo lievemente disorganizzato oppure totalmente incoerente e incomprensibile. Il comportamento bizzarro può assumere la forma di infantilità e agitazione oppure manifestarsi come aspetto, igiene o condotta inappropriati. La catatonia è una forma estrema di comportamento bizzarro, in cui il soggetto mantiene una postura rigida e resiste allo spostamento forzato o, al contrario, si muove a casaccio.

Il disturbo cognitivo consiste in difficoltà a concentrarsi e ricordare le cose, oltre che di organizzazione, pianificazione e risoluzione dei problemi. Alcuni soggetti sono incapaci di concentrarsi sufficientemente per leggere, seguire il filo di un racconto di un film o di uno spettacolo televisivo o per seguire delle indicazioni.

  1. Altri non sono in grado di ignorare le distrazioni o rimanere concentrati su un compito.
  2. Di conseguenza, può diventare impossibile svolgere un lavoro che implichi maggiore attenzione ai dettagli, coinvolgimento in procedimenti complicati, decisionalità e comprensione delle interazioni sociali.
  3. Il 5-6% circa degli schizofrenici commette suicidio, il 20% circa lo tenta e una percentuale ancora più alta ha significativi pensieri suicidari.

Il suicidio è la principale causa di morte prematura tra i giovani schizofrenici ed è uno dei motivi principali per cui la schizofrenia riduce di 10 anni la durata media della vita. Il rischio di suicidio è maggiore nei soggetti in cui la schizofrenia è insorta in età avanzata e che avevano una vita soddisfacente prima del suo insorgere.

  1. Questi soggetti sono ancora in grado di provare dolore e angoscia, pertanto sono maggiormente inclini alla disperazione perché consapevoli degli effetti del loro disturbo e sono anche quelli con prognosi di recupero ottimale.
  2. Contrariamente a quanto generalmente si crede, gli schizofrenici hanno solo un rischio leggermente aumentato di sviluppare un comportamento violento.

Le minacce di violenza e gli scoppi di aggressività minori sono molto più comuni dei comportamenti seriamente pericolosi. Solo pochissimi soggetti paranoici, gravemente depressi e isolati attaccano o uccidono qualcuno che percepiscono come unica fonte delle proprie difficoltà (ad esempio, un’autorità, una celebrità, il coniuge).

le persone affette da deliri di persecuzione le persone che hanno allucinazioni che le spingono a compiere atti di violenza coloro che non assumono i farmaci prescritti

Tuttavia, pur tenendo presente questi fattori di rischio, per il medico è difficile prevedere se un determinato soggetto schizofrenico commetterà un atto violento.

Valutazione di un medico basata su determinati criteri Esami di laboratorio e di diagnostica per immagini per escludere altri disturbi

Non esiste un test specifico per la diagnosi di schizofrenia. Il medico pone la diagnosi sulla base di una valutazione completa della storia e dei sintomi del soggetto. La schizofrenia viene diagnosticata in presenza di:

due o più sintomi caratteristici (deliri, allucinazioni, eloquio disorganizzato, comportamento scoordinato, sintomi negativi) che persistono per almeno 6 mesi. Questi sintomi causano un significativo deterioramento nel lavoro, a scuola o nelle attività sociali.

Le informazioni fornite dalla famiglia, gli amici o gli insegnanti sono spesso importanti per stabilire l’esordio del disturbo. Si può ricorrere agli esami di diagnostica per immagini, come la tomografia computerizzata (TC) o la risonanza magnetica (RMI), per escludere la presenza di un tumore cerebrale.

Pur essendo visibili attraverso la TC o la RMI, le anomalie cerebrali del soggetto schizofrenico non sono sufficientemente specifiche da aiutare nella diagnosi della malattia. Inoltre, il medico cerca di escludere una serie di altri disturbi mentali che condividono alcune caratteristiche con la schizofrenia, come il disturbo psicotico breve Disturbo psicotico breve I sintomi del disturbo psicotico breve assomigliano ai deliri, alle allucinazioni o ad altri sintomi della schizofrenia di tipo psicotico, ma hanno una durata molto più breve (da 1 giorno a.

maggiori informazioni, il disturbo schizofreniforme Disturbo schizofreniforme Il disturbo schizofreniforme presenta i sintomi della schizofrenia, ma durano soltanto da 1 a 6 mesi. Come nella schizofrenia, i soggetti con disturbo schizofreniforme presentano sintomi quali.

maggiori informazioni, il disturbo schizoaffettivo Disturbo schizoaffettivo Il disturbo schizoaffettivo è caratterizzato dalla presenza di sintomi legati all’umore, quali la depressione o la mania, oltre ai sintomi della schizofrenia di tipo psicotico. Il termine psicosi. maggiori informazioni e il disturbo della personalità schizotipico Disturbo schizotipico della personalità Il disturbo schizotipico della personalità è caratterizzato da un modello pervasivo di intenso disagio e ridotta capacità di relazioni strette, di distorsioni del pensiero e delle percezioni.

maggiori informazioni, Una diagnosi e un trattamento precoci sono diventati i principi guida per la gestione della schizofrenia. Quanto prima inizia il trattamento, tanto migliori sono i risultati. Per i soggetti schizofrenici, la prognosi dipende in gran parte dall’aderenza al trattamento farmacologico.

Senza trattamento farmacologico, il 70-80% dei soggetti manifesta un altro episodio entro il primo anno dalla diagnosi. La continuità nell’assunzione dei farmaci può ridurre tale percentuale a circa il 30% e diminuire significativamente la gravità dei sintomi nella maggior parte dei soggetti. Dopo la dimissione da un ospedale, i soggetti che non assumono i farmaci prescritti hanno molte probabilità di essere ricoverati nuovamente entro l’anno.

L’assunzione dei farmaci secondo le indicazioni riduce notevolmente la probabilità di un nuovo ricovero. Nonostante il provato beneficio della terapia farmacologica, la metà dei soggetti affetti da schizofrenia non assume i farmaci prescritti. Alcuni non riconoscono la propria malattia e mostrano resistenza all’assunzione di farmaci.

Altri smettono di assumere i loro farmaci a causa di effetti collaterali spiacevoli. In altri casi, la mancata assunzione dei farmaci è dovuta a problemi di memoria, alla disorganizzazione o semplicemente alla mancanza di denaro. L’aderenza ha maggiori probabilità di migliorare se vengono risolte alcune barriere specifiche.

Se gli effetti collaterali costituiscono un problema importante, può essere utile cambiare terapia farmacologica. Un rapporto di fiducia con il medico o un’altra figura professionale può aiutare alcuni soggetti affetti da schizofrenia ad accettare più facilmente la loro malattia e a riconoscere la necessità di seguire il trattamento prescritto.

Un terzo dei soggetti raggiunge miglioramenti apprezzabili e durevoli. Un terzo raggiunge miglioramenti con ricadute intermittenti e disabilità residue. Un terzo riscontra incapacità gravi e permanenti.

Solo il 15% circa di tutti i soggetti affetti da schizofrenia è in grado di avere una vita simile a quella vissuta prima dell’insorgere della patologia. I fattori associati a una prognosi migliore sono:

improvvisa insorgenza dei sintomi età avanzata al momento dell’insorgenza dei sintomi un buon livello di abilità e capacità prima dell’insorgenza della malattia Leggero deficit cognitivo Presenza di pochi sintomi negativi (ad esempio la ridotta espressione delle emozioni) Periodo più breve tra il primo episodio psicotico e il trattamento

I fattori associati a una prognosi infausta sono i seguenti:

giovane età al momento dell’insorgenza dei sintomi problemi funzionali in situazioni sociali e professionali, precedenti alla malattia anamnesi familiare di schizofrenia Presenza di molti sintomi negativi Periodo più lungo tra il primo episodio psicotico e il trattamento

Gli uomini hanno una prognosi peggiore rispetto alle donne. Le donne rispondono meglio al trattamento con farmaci antipsicotici.

Farmaci antipsicotici Psicoterapia Assistenza specialistica coordinata

In genere, il trattamento della schizofrenia mira a

Ridurre la gravità dei sintomi psicotici Impedire la recidiva degli episodi sintomatici e il relativo deterioramento delle capacità Fornire un sostegno, così che le capacità dei soggetti siano al massimo livello possibile

Una diagnosi e un trattamento precoci sono importanti. Prima inizia il trattamento, migliore sarà il risultato. Le tre componenti principali del trattamento sono rappresentate da farmaci antipsicotici, riabilitazione e attività di supporto comunitario e psicoterapia.

  1. Istruire i familiari sui sintomi e sul trattamento della schizofrenia (psicoeducazione familiare) aiuta a fornire supporto alla persona affetta e aiuta lo psichiatra a rimanere in contatto con essa.
  2. Un’assistenza specialistica coordinata, comprendente il rafforzamento mentale e la terapia personale e familiare, che affronti la disfunzione cognitiva e il sostegno all’occupazione, costituiscono un aspetto importante del recupero psicosociale.

I farmaci antipsicotici Farmaci antipsicotici Il termine psicosi si riferisce a sintomi quali deliri, allucinazioni, disorganizzazione dell’ideazione e dell’eloquio, e comportamento motorio bizzarro e inappropriato, che indicano la perdita. maggiori informazioni possono essere efficaci nella riduzione o nell’eliminazione dei sintomi, quali deliri, allucinazioni e disorganizzazione dell’ideazione.

Una volta eliminati i sintomi acuti, l’uso continuativo dei farmaci antipsicotici riduce notevolmente la probabilità di futuri episodi. Purtroppo, i farmaci antipsicotici presentano significativi effetti collaterali, tra cui sonnolenza, rigidità muscolare, tremore, movimenti involontari (ad esempio, la discinesia tardiva), aumento di peso e agitazione.

I farmaci antipsicotici più recenti (di seconda generazione), che vengono prescritti con maggiore frequenza, hanno meno probabilità di causare rigidità muscolare, tremori e discinesia tardiva rispetto agli antipsicotici convenzionali (di prima generazione).

  • I programmi di riabilitazione e di supporto, come il coaching sul posto di lavoro, sono finalizzati a insegnare alle persone le competenze di cui hanno bisogno per vivere nella comunità, piuttosto che in istituto.
  • Tali capacità permetteranno ai soggetti schizofrenici di lavorare, fare la spesa, prendersi cura di sé, gestire una casa e vivere insieme agli altri.

I servizi di supporto comunitario forniscono un sostegno che consente ai soggetti schizofrenici di vivere nel modo più indipendente possibile. Questi servizi includono un appartamento sorvegliato o una casa famiglia in cui un incaricato del personale sia presente per garantire che il soggetto schizofrenico prenda i farmaci prescritti o per aiutarlo a gestire le proprie finanze.

L’incaricato può anche andare a far visita al soggetto periodicamente. Durante le recidive gravi può essere richiesto il ricovero e se i soggetti rappresentano un pericolo per se stessi o per gli altri può essere necessario il ricovero coatto. Tuttavia, l’obiettivo principale è l’inserimento dei soggetti nella società.

Alcuni soggetti schizofrenici non sono in grado di vivere in maniera indipendente, o perché presentano sintomi gravi costanti o perché la terapia farmacologica non è stata efficace. In genere questi soggetti richiedono un’assistenza continua in un contesto sicuro e di sostegno.

  1. Solitamente la psicoterapia non riduce i sintomi della schizofrenia.
  2. Tuttavia, la psicoterapia può essere utile per instaurare un rapporto di collaborazione tra il soggetto schizofrenico, la famiglia e il medico.
  3. In tal modo il paziente può imparare a capire e a gestire la propria malattia, ad assumere i farmaci antipsicotici come prescritto e a gestire gli stress che possono aggravare la malattia.

Un buon rapporto medico-paziente è spesso il miglior determinante per un trattamento efficace. Se il soggetto schizofrenico vive in famiglia, a tutti i suoi membri potrebbe essere offerta la psicoeducazione. Questa formazione fornisce ai pazienti e ai loro familiari informazioni sul disturbo e su come gestirlo, ad esempio insegnando tecniche per affrontarlo.

National Alliance on Mental Illness (NAMI), Schizophrenia : La NAMI promuove la costante sensibilizzazione sulla schizofrenia, nonché iniziative educative e di sostegno per supportare coloro che ne sono affetti e servizi di gestione delle crisi (compresa una Helpline) per assistere chi è in difficoltà.

Come esordisce la psicosi?

Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale per i pazienti con esordio psicotico – “La definizione di esordio psicotico identifica quei disturbi psichici che influiscono sulle funzioni mentali con alterazioni del pensiero, del comportamento e dell’umore, sino alla Perdita del senso di sé e del rapporto con la realtà,

Un intervento precoce e tempestivo può arginare i sintomi psicotici sin dalle fasi d’esordio, risultando determinante per l’andamento della condizione morbosa”. L’esordio dei disturbi psicotici avviene per lo più durante l’adolescenza o nel periodo di transizione all’età adulta con importanti effetti sul processo di maturazione personale e progettuale dell’individuo.

Tra I possibili primi sintomi: cambiamenti significativi nelle proprie abitudini, nel modo di “stare con gli altri”, tendenza all’ isolamento, importanti difficoltà a comunicare le proprie emozioni ed I propri stati d’animo, ripetuti momenti d’ansia o di panico, diffidenza e sospettosità, intense difficoltà a concentrarsi e mantenere l’attenzione associate, fenomeni psicosensoriali quali sentire voci di persone che altri non sentono, disturbi del sonno e dell’alimentazione.

Nelle fasi più iniziali del problema è possibile contrastare e spesso prevenire le conseguenze della condizione morbosa psicotica mediante l’individuazione e l’intervento precoce, preservando e migliorando il funzionamento psicologico, sociale e relazionale dei pazienti ed il loro orizzonte di vita.

Il tempo è un fattore critico e determinante per migliorare la prognosi del disturbo, pertanto il Dipartimento di Salute Mentale di Parma, coerentemente con le line guida nazionali e internazionali, ha definito un Progetto fondato su tempestività ed intensività del trattamento per le psicosi all’esordio e gli stati a rischio di psicosi, denominato ” Percorso Esordi Psicotici “.

Il “Percorso Esordi Psicotici” è un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale ( PDTA ) e rappresenta la modalità con cui il servizio implementa i saperi (Linee Guida Internazionali e Nazionali e Linee di indirizzo regionali) e le esperienze (buone prassi operative) in percorsi di cura costruiti su bisogni e risorse della persona.

L’AUSL di Parma ha cercato di pianificare le sue azioni, all’interno del percorso, in modo da agevolare il paziente in ogni fase, garantendo uniformità delle prestazioni erogate, massima riduzione del rischio, centralità e partecipazione attiva del paziente al suo programma di cura,

Garantire una tempestiva accoglienza e valutazione interdisciplinare utile ad avviare rapidamente ed in modo adeguato il PDTA per tutti i nuovi pazienti sul territorio, secondo un modello diffuso. Migliorare il percorso clinico-assistenziale ottimizzando il Sistema di intercettazione dei soggetti a rischio di psicosi. Riduzione del tempo intercorrente tra l’insorgenza di sintomi diagnostici o segnali di allarme di soggetti a rischio o all’esordio e conseguente presa in carico integrate da parte dei servizi territoriali finalizzata ad una recovery clinica, personale e sociale. Riduzione della variabilità nella valutazione iniziale e nel trattamento dell’assistito garantendo alle persone con esordio psicotico o una condizione di rischio psicotico interventi specifici, appropriati, e basati sull’evidenza che possano ridurre il più possibile la fase acuta o la possibilità di transizione di psicosi conclamata. L’individuazione di percorsi individuali centrati sul destinatario, con un modello che pone la persona al centro della rete di cura sociosanitarie, con enfasi sul trattamento integrato attorno alla persona e non ai servizi od alle Unità Operative. Coinvolgimento e costruzione di una rete di prossimità con MMG/PLS, servizi sociali, scuole, volontariato e privato sociale per migliorare l’individuazione precoce e la presa in carico.

L’osservazione specialistica è effettuata nei servizi del DAISM-DP, attraverso un invio da parte dei medici di base / pediatri di libera scelta, i servizi di emergenza urgenza, i servizi sociali, le agenzie educative. Il percorso prevede un trattamento integrato, multi-professionale e multi disciplinare, costruito con l’interessato un Progetto Individualizzato di Cura attraverso trattamenti psicofarmacologici, psicoterapici (individuali o di gruppo), psicoeducazionali (individuali o di gruppo) e finalizzati all’ inclusione ed alla recovery della persona con sintomi psicotici, con monitoraggi periodici della sintomatologia e del perseguimento degli obiettivi di cura.

Cosa succede se prendo un antipsicotico?

Cosa sono gli Antipsicotici? – I farmaci antipsicotici sono farmaci impiegati per il trattamento delle psicosi, Le psicosi possono essere definite come un insieme di patologie psichiatriche gravi, caratterizzate da alterazioni del comportamento, incapacità di pensare in maniera coerente e incapacità di comprendere la realtà.

Schizofrenia ; Disturbo schizofreniforme; Disturbo schizoaffettivo ; Disturbo delirante; Disturbo psicotico breve; Disturbo psicotico condiviso; Disturbo psicotico indotto da sostanze (come, ad esempio, amfetamine, LSD, cocaina, ecc); Disturbo psicotico dovuto a condizione medica generale; Disturbo psicotico non altrimenti specificato.

Generalmente, gli antipsicotici hanno un effetto calmante e antiallucinatorio e stabilizzano l’umore nei pazienti affetti da psicosi.

Cosa succede se una persona normale prende antipsicotici?

Perché questa informativa? Occorre sapere che l’utilizzo di farmaci antipsicotici sia tipici (cioè di prima generazione) che atipici (di seconda generazione) può aumentare il rischio di complicazioni cardio-metaboliche nei pazienti che ne fanno uso: principalmente dislipidemie, aumento di peso e iperglicemia.

  • Nella considerazione dell’indubbio beneficio e importanza che i farmaci antipsicotici rivestono nella cura di specifiche patologie, appare altresì importante che una corretta informazione venga fornita ai pazienti rispetto ad alcuni rischi specifici nell’assunzione di questi farmaci.
  • La conoscenza da parte dei pazienti rispetto a tali rischi specifici e la collaborazione in ottica di prevenzione con il proprio psichiatra è la strategia più efficace di tutela per le persone che seguono un trattamento con antipsicotici.

Di quali farmaci stiamo parlando? Stiamo parlando degli antipsicotici (detti anche neurolettici), cioè farmaci efficaci nel trattamento di patologie psichiatriche in cui sono presenti alcuni sintomi quali:

Allucinazioni: sono false percezioni in assenza di uno stimolo esterno reale, cioè, per esempio, vedere delle cose o sentire delle voci che non ci sono. Deliri: sono disturbi del contenuto del pensiero per cui pensiamo delle idee che non sono coerenti ai dati di realtà; sono pensieri illogici, come, ad esempio, essere convinti che alcune forze internazionali possano complottare contro di me. Disturbi del pensiero, che possono manifestarsi con difficoltà a pensare in modo lucido. Sbalzi d’umore come, ad esempio, passare improvvisamente da uno stato di depressione ad uno di euforia (o viceversa), senza motivo.

Quindi, fondamentalmente, vengono utilizzati per il trattamento delle psicosi (come ad esempio la schizofrenia), del disturbo bipolare e in alcune forme depressive. Sono numerosi gli antipsicotici oggi in commercio, e sono divisi in:

Antipsicotici tipici : tra i quali, per esempio l’aloperidolo, la clorpromazina, la tioridazina, la levomepromazina, la perfenzania, ed altri. Antipsicotici atipici : tra i quali, per esempio, la clozapina, l’aripiprazolo, l’olanzapina, il risperidone, l’asenapina, la quetiapina, ed altri.

Sia i tipici che gli atipici sono efficaci sui sintomi che abbiamo precedentemente detto, però gli atipici si sono rivelati più attivi anche sui cosiddetti ‘sintomi negativi’ delle psicosi (scarsa motivazione, mancanza di interesse, scarsa cura di sé), su cui i farmaci tipici mostrano una efficacia ridotta.

Cardiotossicità (insorgenza di aritmia cardiaca)

Un attento monitoraggio del tratto QT attraverso l’ECG è pertanto fondamentale per tenere sotto controllo l’eventuale insorgenza di aritmie associate al prolungamento di tale intervallo.

Aumento del peso corporeo, iperglicemia e diabete

Il meccanismo attraverso cui gli antipsicotici inducono un aumento ponderale includono stimolazione dell’appetito, riduzione dell’attività fisica e alterazioni della regolazione metabolica dovuta ad alterazione della sensibilità all’insulina e/o della sua secrezione.

Dislipidemie

Rischio di incremento di trigliceridi, colesterolo totale e colesterolo LDL.

Ipertensione

Questa è da collegarsi agli altri fattori di rischio cardiovascolare: aumento di peso, diabete, dislipidemie ed attitudine al fumo.

Disturbi ematologici

La clozapina può essere considerato un farmaco a sé stante per il diverso meccanismo d’azione (agisce in maniera marginale sul sistema della dopamina) e per i differenti effetti collaterali. Pur producendo minori effetti come tremori, rigidità e avendo una minor probabilità di produrre discinesia tardiva, può causare una carenza di globuli bianchi anche grave ed è pertanto prescritto con maggiore cautela, dopo che almeno altri 2 antipsicotici siano stati provati senza successo.

Agranulocitosi e neutropenia sono i rarissimi eventi avversi correlati all’utilizzo di clozapina: per questo motivo nella scheda tecnica del prodotto, sono inserite avvertenze speciali e precauzioni d’uso che prevedono il monitoraggio intensivo dei valori ematologici del paziente regolarmente ogni settimana durante le prime 18 settimane di trattamento e a intervalli di almeno 4 settimane nel periodo successivo.

Il monitoraggio deve continuare durante tutto il trattamento e per 4 settimane dopo l’interruzione della somministrazione di clozapina.

Iperprolattinemia

Tra gli effetti più evidenti si segnalano disturbi mestruali e galattorrea (cioè una secrezione del latte nelle donne anche quando esse non sono in fase di allattamento).

Sintomi extrapiramidali (EPS)

L’insorgenza di sintomi extrapiramidali (EPS) è maggiormente correlata all’utilizzo di antipsicotici tipici. Si manifestano prevalentemente con rigidità, tremore a riposo, riduzione della mimica facciale, ipo- o acinesia (pochi movimenti/assenza di movimenti spontanei) e bradicinesia (movimenti lenti e impacciati), acatisia (impossibilità a stare fermi, seduti, volontà di muoversi in continuazione).

  1. In caso di assunzioni prolungate possono produrre un disturbo del movimento chiamato discinesia tardiva (che si manifesta con una serie di movimenti involontari rapidi, simili a tic).
  2. L’attenzione scrupolosa alle indicazioni del medico durante il trattamento è in grado di minimizzare la comparsa di questi effetti avversi.

Gli antipsicotici atipici sembrano determinare minori effetti collaterali tipo EPS, una minor probabilità di produrre discinesia tardiva, ma maggiori probabilità di produrre un aumento di peso, di provocare il diabete e di dare problemi sessuali. Quanto dura il trattamento con antipsicotici? La durata del trattamento dipende dalla patologia.

  1. Non esiste una regola certa che possa dire per quanto tempo dovrà essere seguita una terapia con antipsicotici.
  2. Alcune condizioni psicotiche indotte da sostanze o episodi di psicosi breve possono richiedere una terapia di breve durata.
  3. Per quadri più stabili di schizofrenia il trattamento si protrarrà a lungo.

Piano terapeutico Ad oggi è stato abolito l’obbligo di diagnosi e piano terapeutico per i seguenti farmaci:

Ziprasidone Olanzapina Quetiapina Asenapina Risperidone Aripiprazolo Paliperidone

Soltanto per la Clozapina, è rimasto l’obbligo di dispensazione con piano terapeutico con indicazione di compatibilità leucocitaria emesso dallo specialista. Il paziente può recarsi direttamente dal Medico di Medicina Generale (il medico curante) per ottenere la ricetta da portare in farmacia.

La farmacia prenoterà il numero di confezioni del farmaco indicate in ricetta (massimo due confezioni per ricetta) per conto del paziente. Si segnala che, ad oggi, le farmacie di Palermo, riescono a consegnare al paziente il farmaco nel giro di 24-48 ore; pertanto, è opportuno ricordarsi di recarsi dal medico curante per la prescrizione del farmaco, qualche giorno prima rispetto al giorno previsto di prosecuzione o di inizio terapia, per evitare di restare scoperto dal farmaco.

La dispensazione dei neurolettici da parte del Servizio Sanitario Regionale (SSR) deve essere coerente ai criteri di appropriatezza prescrittiva, alle schede tecniche dei medicinali, alle note AIFA di riferimento e, ove previsto, ai provvedimenti autorizzativi specifici di ciascun medicinale.

  1. In parole povere, l’assunzione di tali farmaci è dispensata dal SSR solo ai pazienti affetti dalle patologie per cui tali farmaci sono indicati.
  2. Inoltre, si segnala che non è possibile scegliere la “marca” del farmaco ma che il farmacista è obbligato a consegnare ai pazienti la marca come indicata dall’ Assessorato Regionale della Salute.

A tal proposito, è importante sottolineare che la bontà del farmaco non dipende dalla marca ma dalla molecola.

Cosa può provocare una psicosi?

La psicosi può essere scatenata da diversi tipi di fattori: cause psicologiche, malattie fisiche, abuso di sostanze, farmaci, dopamina, cambiamenti nel cervello. Il diverso tipo di causa psicologica può spesso determinare il tipo di episodio psicotico che si verificherà.

Cosa succede se si smette di prendere antipsicotici?

I fenomeni di astinenza – ” Non dobbiamo andare a confondere questi effetti con quelli di astinenza, perché sono di qualità notevolmente diversa e riguardano alcuni farmaci in particolare, anche se oggi si tende a rendere più labile il confine classificatorio tra astinenza e rebound in questi casi” specifica lo psichiatra.

Questi fenomeni di astinenza hanno un nucleo comune in una sindrome vegetativa con ansia, tensione, tremori, ipertensione, crampi muscolari, sudorazione e nei casi più gravi anche sindromi confusionali con aspetti cognitivi e neurologici. Tale presentazione, variabile da soggetto a soggetto e da sostanza a sostanza, ha un nucleo comune a tutte le astinenze dall’alcool agli oppiacei alle benzodiazepine in particolare tra i farmaci psicotropi e declinazioni diverse a secondo della sostanza.

“Esistono poi rarissimi casi di sindromi causate dalla sospensione brusca come la sindrome serotoninergica per gli antidepressivi, con peculiare attività sulla serotonina e la sindrome neurolettica maligna da sospensione di antipsicotici che costituiscono, nei casi più gravi, un’emergenza in cui il quadro clinico talvolta deve essere gestito con supporto medico ospedaliero per le conseguenze fisiche che possono avere”, aggiunge il Professore.

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