Atorvastatina A Cosa Serve?
Elvira Olguin
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Contents
- 1 Quando si deve prendere l atorvastatina?
- 2 Quanto deve essere alto il colesterolo per prendere le statine?
- 3 Quali muscoli colpiscono le statine?
- 4 Qual è il miglior farmaco per abbassare il colesterolo?
- 5 Quando il valore del colesterolo è preoccupante?
- 5.1 Quanto deve essere il colesterolo in una donna di 60 anni?
- 5.2 Come abbassare il colesterolo cattivo senza farmaci?
- 5.3 Perché l’acqua frizzante abbassa il colesterolo?
- 5.4 Quali sono i sintomi di chi soffre di colesterolo alto?
- 5.5 Quando si può smettere di prendere le statine?
- 5.6 Cosa non mangiare quando si prendono le statine?
- 6 Quali devono essere i valori del colesterolo?
- 7 Quando è meglio prendere la pastiglia per il colesterolo?
Quando si deve prendere l atorvastatina?
Come e quando prendere l’Atorvastatina – L’atorvastatina è disponibile in forma di compresse per uso orale che dovrebbero essere deglutite intere con l’aiuto di un po’ d’acqua. L’assunzione delle compresse può avvenire in qualsiasi momento della giornata, con o senza cibo,
Tuttavia, è consigliabile assumere l’atorvastatina ogni giorno alla stessa ora, La dose di principio attivo da assumere verrà stabilita dal medico su base individuale per ciascun paziente. Ad ogni modo, di seguito riporteremo – a scopo puramente illustrativo – le dosi di principio attivo generalmente impiegate.
La dose iniziale abitualmente impiegata in terapia è di 10 mg di principio attivo al giorno. Dopodiché, il medico può gradualmente aumentare la quantità di farmaco somministrata fino al raggiungimento della dose di mantenimento ideale per ogni paziente.
Quali sono gli effetti negativi delle statine?
I pazienti che assumono statine vanno spesso incontro a effetti collaterali quali disturbi gastrointestinali, atralgia, mialgia e disturbi del sonno. Questi, tuttavia, potrebbero non essere causati dalle caratteristiche molecolari del trattamento ma dal fatto stesso di assumerlo,
- Sono stati presentati nel corso delle Scientific Sessions 2020 dell’ American Heart Association (AHA20) i risultati del trial SAMSON, che ha indagato l’effetto nocebo associato all’assunzione delle statine con un disegno N-of-1 (1).
- I ricercatori hanno preso in considerazione 60 pazienti che avevano dovuto sospendere il trattamento con statine a causa di effetti collaterali non tollerabili.
Questi sono stati convocati presso l’ Hammersmith Hospital di Londra, dove sono state consegnate loro 12 confezioni di medicinale: 4 di queste contenevano atorvastatina 20 mg, 4 contenevano un placebo e 4 erano vuote, All’inizio di ogni mese i ricercatori comunicavano ai pazienti quale confezione aprire, secondo uno schema completamente casuale.
- I soggetti comunicavano quindi via smartphone ai ricercatori la gravità dei sintomi percepiti, utilizzando una scala da 0 a 100.
- A un anno dal reclutamento i pazienti sono stati convocati ed è stata spiegata loro la relazione tra sintomatologia e tipologia di somministrazione (statina, placebo o nessuna).
Sei mesi dopo, poi, nel corso di un ulteriore incontro è stato chiesto loro se in seguito alla discussione sugli effetti collaterali era stato per loro possibile riprendere il trattamento con statine. Come prevedibile, gli effetti collaterali sono risultati quasi nulli quando i pazienti non erano sottoposti a trattamenti, mentre peggioravano quando assumevano la statina.
Tuttavia, la gravità degli effetti collaterali esperiti durante la somministrazione del placebo era molto simile – pari a circa il 90% – a quella associata al trattamento con atorvastatina, Durante il trial 71 persone hanno dovuto interrompere la terapia a causa di effetti collaterali non tollerabili ma solo 40 di questi stavano assumendo statine: i restanti erano sottoposti al placebo.
Inoltre, è emerso che in seguito alla discussione sugli effetti collaterali ben 30 pazienti su 60 erano riusciti a riprendere il trattamento con statine, “Quello che emerge dal trial SAMSON – ha spiegato James P. Howard dell’ Imperial College London, che ha presentato i risultati ad AHA20, a colloquio con John Mandrola su Medscape – è che mettersi a tavolino con i pazienti per discutere con loro i dati che li riguardano (cosa molto difficile da fare nella pratica clinica) fa la differenza.
Cosa succede se non prendo atorvastatina?
La terapia con statine, anche se si manifestano effetti collaterali a carico dei muscoli o dell’apparato digerente, non andrebbe sospesa. Da un ampio studio USA, infatti, emerge come fra coloro che abbandonano la terapia si registri il 13% in più di eventi cardiovascolari gravi – 25 LUG – (Reuters Health) – Interrompere la terapia con statine a causa di dolori muscolari o gastrici può rivelarsi una scelta pericolosa a lungo termine.
- È la conclusione a cui è giunto uno studio condotto dal Brigham and Women’s Hopsital di Boston, pubblicato da Annals of Internal Medicine.
- I ricercatori hanno infatti scoperto che chi ha smesso di assumere statine a causa di effetti collaterali ha un 13% in più di probabilità di morire o di avere un infarto o un ictus nei successivi quattro anni rispetto a chi invece prosegue con la terapia.
Nonostante le prove schiaccianti a favore delle statine, buona parte dei pazienti (dal 25 al 50%) smette di assumerle entro sei mesi/un anno dall’inizio del trattamento. Lo studio Per verificare se i pazienti che continuano a prendere statine – inclusi quelli che passano ad un altro tipo o a una dose inferiore – ottengano risultati migliori di quelli che smettono la terapia, i ricercatori hanno analizzato i dati del Massachusetts General Hospital e del Brigham and Women Hospital nel periodo compreso tra il 2000 e il 2011.
- Durante questo periodo più di 200.000 adulti sono stati trattati con statine.
- Quasi 45.000 di essi hanno riportato un effetto collaterale che pensavano fosse legato al farmaco.
- Il team di ricerca si è concentrato su 28.266 del gruppo dei 45.000 pazienti che hanno manifestato presunti effetti collaterali.
La maggior parte di essi – 19.989 individui – ha continuato ad assumere comunque le statine e il 44% ha proseguito con lo stesso tipo di farmaco. Circa quattro anni dopo la segnalazione degli effetti collaterali, 3.677 pazienti erano morti o avevano subito un attacco cardiaco o un ictus.
- Il 12,2% di essi aveva continuato la terapia nonostante gli effetti avversi, mentre il 13,9% di questi aveva interrotto il trattamento proprio a causa degli effetti collaterali.
- Nel complesso i ricercatori hanno scoperto che le persone che avevano smesso di assumere le statine dopo un possibile effetto collaterale avevano una probabilità di morire, di avere un infarto o un ictus maggiore del 13% rispetto a coloro che continuavano a prendere la medicina.
I commenti “I nuovi risultati si aggiungono a quelli di studi precedenti che dimostrano come le persone traggano benefici quando continuano a prendere le statine”, dice Robert Rosenson, professore di cardiologia presso l’Icahn School of Medicine at Mount Sinai in New York City.
Rosenson, non coinvolto nel nuovo studio, afferma che i pazienti dovrebbero essere incoraggiati a raccontare ai loro medici i possibili effetti collaterali delle statine e dovrebbero comprendere che ci potrebbero essere altre opzioni, tra cui una dose più bassa o un farmaco diverso. Fonte: Ann Intern Med 2017 Andrew M.
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Perché le statine si prendono la sera?
In caso di assunzione di statine a breve durata d’azione, l’abbassamento della colesterolemia-LDL (LDL-C) e di quella totale (TC) significativamente maggiore nella dose serale rispetto a quella del mattino. L’efficacia delle statine a lunga durata d’azione, a parte un lieve ma significativo effetto sulla LDL-C, invece equivalente a entrambi i regimi.
Lo evidenzia uno studio pubblicato sul “Journal of Clinical Lipidology”. – In caso di assunzione di statine a breve durata d’azione, l’abbassamento della colesterolemia-LDL (LDL-C) e di quella totale (TC) è significativamente maggiore nella dose serale rispetto a quella del mattino. L’efficacia delle statine a lunga durata d’azione, a parte un lieve ma significativo effetto sulla LDL-C, è invece equivalente a entrambi i regimi.
Lo evidenzia uno studio pubblicato sul “Journal of Clinical Lipidology”. «Pertanto» affermano gli autori della ricerca, coordinati da Kamal Awad, della Facoltà di Medicina dell’Università di Zagazig (Egitto) «le statine a lunga durata d’azione devono essere somministrate in un momento che meglio favorisca la compliance mentre le statine a breve termine devono essere somministrate la sera».
- Problematiche finora non sufficientemente considerate Il punto centrale da cui è scaturita questa ricerca era appunto la mancanza di un’evidenza circa l’orario ottimale della giornata per somministrare le statine.
- «Le statine sono di solito somministrate la sera per via del picco biosintetico del colesterolo durante la notte e anche perché la maggior parte di questi farmaci (simvastatina, pravastatina, fluvastatina e lovastatina) hanno una breve emivita» spiegano gli autori.
«Il tempo della somministrazione dei farmaci può però alterare la compliance del paziente e l’adesione al trattamento» continuano. «I pazienti trattati con statine ricevono spesso molteplici terapie concomitanti e ciò porta a regimi più complessi di farmaci, che hanno il potenziale di ridurre ulteriormente la compliance e l’adesione alla terapia».
- Permettendo flessibilità nella scelta del tempo in cui le statine vengono assunte, secondo le preferenze del paziente, è probabile che migliori la compliance e si riducano i fenomeni di sospensione del farmaco, sostengono Awad e colleghi.
- Ciò consentirà a più pazienti di raggiungere i loro target lipidici.
Pertanto gli autori hanno condotto una revisione sistematica e una meta-analisi per riunire le prove sui diversi effetti della somministrazione delle statine al mattino e alla sera sui profili lipidici e per scoprire il regime di dosaggio che possa portare alla più alta efficacia terapeutica.
Meta-analisi di 11 articoli per un totale di 1.034 pazienti «Abbiamo cercato nei database PubMed, SCOPUS, Web of Science ed Embase (dall’inizio fino al 24 luglio 2016) per identificare gli studi rilevanti» spiegano i ricercatori. «Le differenze medie (MD) tra i punteggi di cambiamento nei parametri lipidici sono stati riuniti utilizzando un modello a effetto fisso».
Undici articoli, per un totale di 1.034 partecipanti, sono risultati idonei all’analisi. «L’analisi aggregata di confronto tra la somministrazione mattutina e serale delle statine sulla TC del plasma (P = 0,10), il colesterolo lipoproteico ad alta densità (P = 0,90) e i trigliceridi (P = 0,45) non è apparsa statisticamente significativa» riportano Awad e colleghi.
L’abbassamento dell’LDL-C è stato statisticamente più elevato nel gruppo con dosi serali (MD: 3,24 mg/dL; 95% CI: 1,23-5,25; P = 0,002). L’analisi dei sottogruppi secondo le emivita della statina ha mostrato che la dose serale di statina era significativamente superiore alla dose del mattino per abbassare l’LDL-C in caso di statine a breve e lunga emivita (MD: 9,68 mg/dL; 95% CI: 3,32- 16,03; P = 0,003 e MD: 2,53 mg/dL; 95% CI: 0,41-4,64; P = 0,02, rispettivamente) e anche per la riduzione della TC, ma solo in caso di statine a breve emivita (P = 0,0005).
Risultati in linea con le raccomandazioni generali dell’FDA In sintesi, ricapitolano gli autori, lo studio ha evidenziato che: «1) l’abbassamento dell’LDL-C è più elevato nella dose serale delle statine sia a breve che a lunga emivita.2) La riduzione della TC è maggiore nella dose serale delle sole statine a breve emivita.3) La dose del mattino è equivalente a quella serale in termini di colesterolo lipoproteico ad alta densità e trigliceridi».
- «L’FDA (US Food and Drug Administration) raccomanda la somministrazione serale di lovastatina, simvastatina e fluvastatina» ricordano ancora Awad e colleghi.
- «Ciò si basa sulla loro breve emivita (2-3, 2-3 e 0,5-2,3 ore, rispettivamente) e sul fatto che il picco di biosintesi del colesterolo si verifica durante la notte».
«L’FDA avvisa inoltre che atorvastatina, rosuvastatina e fluvastatina a rilascio prolungato possono essere somministrate in qualsiasi momento del giorno a causa della loro lunga emivita (rispettivamente 15-30, 30 e 7,3-10,5 ore). I risultati di questa meta-analisi sono in linea con queste raccomandazioni» osservano gli autori.
Quanto deve essere alto il colesterolo per prendere le statine?
AHA /1 Colesterolo: presentate le nuove linee guida delle società americane di cardiologia di Maria Rita Montebelli 11 NOV – Nella giornata dedicata ai Veterani di guerra negli Stati Uniti, al congresso dell’ American Heart Association (AHA) in corso a Chicago, torna in scena un grande classico della prevenzione cardiovascolare: le linee guida sul trattamento del colesterolo nell’edizione aggiornata 2018. Il documento di 78 pagine, pubblicato su Circulation e su JACC, è stato redatto dalla task force dell’AHA e dell’ACC ( American College of Cardiology ), in collaborazione con varie altre società scientifiche americane; a siglare questa nuova edizione delle linee guida come primo nome è Scott Grundy, Il colesterolo elevato non fa mai bene, a qualsiasi età, perché aumenta il rischio di incorrere in un infarto o in un ictus nel corso della vita. Il primo passo verso la salute del cuore e dei vasi secondo gli esperti è dunque quello di condurre uno stile di vita adeguato, per poi ricorrere ai farmaci, secondo un approccio a gradini, qualora il rischio fosse troppo elevato e i livelli di colesterolo LDL non a target, Questa nuova edizione delle linee guida si contraddistingue per dettagliare e individualizzare il rischio dei pazienti in maniera molto più puntuale che in passato, per arrivare a personalizzare realmente le opzioni di trattamento. Una delle nuove strategie di stratificazione del rischio è rappresentata dalla valutazione del calcio coronarico (CAC score ), Le statine restano la prima scelta di trattamento per ridurre i livelli di LDL, ma nei soggetti ad alto rischio o che già abbiamo avuto un ictus o in infarto, le linee guida suggeriscono l’aggiunta anche di altre terapie non statiniche, come l’ezetimibe e gli inibitori di PCSK9. “Questo aggiornamento delle linee guida – commenta Ivor Benjamin, presidente dell’ American Heart Association – sottolinea l’importanza di uno stile di vita sano, di modificare le abitudini sbagliate, di individuare e trattare per tutta la vita i fattori di rischio per le malattie cardiovascolari aterosclrotiche. Avere il colesterolo alto, aumenta questo rischio a qualsiasi età. Ecco perché è così importante che fin da giovani si conduca una vita sana e si capisca l’importanza di tenere il colesterolo sotto controllo.” “Il trattamento dell’ipercolesterolemia non può essere a taglia unica – afferma Michael Valentine, presidente dell’ American College of Cardiology – Negli ultimi cinque anni, abbiamo imparato molte cose sulle nuove opzioni di trattamento e su quali pazienti ne possano beneficiare. Queste linee guida forniscono ai medici una roadmap e degli strumenti per aiutare i loro pazienti a comprendere e a gestire il loro rischio per vivere una vita non solo più lunga, ma in salute”. Questi i principali take home message della nuova edizione: 1. Consigliare sempre a tutti uno stile di vita salutare durante tutto il corso della vita; questo riduce il rischio di ammalarsi di patologie cardiovascolari aterosclerotiche a tutte le età. Nei più giovani, uno stile di vita sano può ridurre lo sviluppo dei fattori di rischio e rappresenta dunque la base per ridurre il rischio aterosclerotico. Nei soggetti di 20-39 anni, una valutazione del rischio facilita il dialogo sul tema prevenzione con il proprio medico e mette in evidenza l’importanza degli sforzi volti a correggere lo stile di vita. Il trattamento basato sulla correzione dello stile di vita a tutte le età è il principale intervento da perseguire per la sindrome metabolica.2. Nei soggetti con patologie cardiovascolari aterosclerotiche (ASCVD), è necessario ridurre il colesterolo LDL con una terapia a base di statine ad alta intensità o con la dose massima tollerata di statine. Più si riduce l’LDL con le statine, maggiore sarà la riduzione del rischio. Il consiglio delle linee guida è dunque di utilizzare la posologia massima tollerata di una statina per ridurre i livelli di LDL ≥ 50%.3. Nei soggetti ad altissimo rischio di patologie cardiovascolari aterosclerotiche (sono i soggetti con una storia di multipli eventi ASCVD o con un evento ASCVD e multiple condizioni ad alto rischio), il target terapeutico di LDL da raggiungere è 70 mg/dl, anche aggiungendo alla statina una terapia non statinica, come l’ ezetimibe, Nei soggetti ad altissimo rischio che presentino un colesterolo LDL ≥ 70 mg/dl, le linee guida consigliano di aggiungere alla terapia con statine ed ezetimibe anche un inibitore di PCSK9, “sebbene la safety a lungo termine (cioè oltre i 3 anni) non sia certa e questi farmaci ai prezzi attuali presentino una bassa costo-efficacia”.4. Nei soggetti con grave ipercolesterolemia primaria (valori di LDL ≥190 mg/dl), le linee guida raccomandano di iniziare la terapia con una statina ad alta intensità, anche senza calcolare il rischio di ASCVD a 10 anni. Se il livello di LDL rimane ≥100 mg/dl, il consiglio è di aggiungere ezetimibe; se l’LDL fosse ancora ≥100 mg/dl nonostante la terapia con statina ed ezetimibe, le linee guida raccomandano l’aggiunta di un inibitore di PCSK9 “sebbene la safety a lungo termine (cioè oltre i 3 anni) non sia certa e questi farmaci ai prezzi attuali presentino una bassa costo-efficacia”.5. Nei soggetti di 40-75 anni con diabete mellito e LDL ≥70 mg/dl, le linee guida raccomandano di iniziare con una statina a intensità moderata, anche senza calcolare il rischio di ASCVD a 10 anni. Nei soggetti diabetici a maggior rischio, quali quelli con multipli fattori di rischio o quelli di 50-75 anni, è ragionevole prescrivere una statina ad alta intensità per ridurre i livelli di LDL di ≥50%.6. Negli adulti di 40-75 anni valutati per la prevenzione primaria di malattie cardiovascolari aterosclerotiche, è necessario che il medico discuta con il paziente l’opportunità di iniziare una terapia con statine. La conversazione dovrà toccare tutti i principali fattori di rischio (fumo di sigaretta, ipertensione, livello di LDL, emoglobina glicata, e calcolo del rischio di ASCVD a 10 anni), la presenza di fattori in grado di peggiorare l’impatto dei fattori di rischio (vedi numero 8), i potenziali benefici di uno stile di vita sano e delle statine; i potenziali effetti indesiderati e le interazioni farmacologiche; il costo della terapia con statine; le preferenze del pazienti vanno tenute presenti, in un processo decisionale condiviso.7. Negli adulti di 40-75 anni senza diabete, con valori di LDL ≥70 mg/dl e un rischio di ASCVD a 10 anni ≥7,5%, le linee guida raccomandano di iniziare il trattamento con una statina a moderata intensità, se dopo aver ragionato con paziente di opzioni terapeutiche, il paziente abbia accettato di assumere una statina. La presenza di fattori favorenti il rischio suggerisce la terapia con statine. Se lo stato di rischio rimane incerto, un’opzione è rappresentata dalla valutazione del calcio coronarico (vedi n.9). Se è indicata la terapia con statine, l’obiettivo terapeutico è di ridurre i valori di LDL ≥ 30%; ma se il rischio a 10 anni è ≥ 20%, allora la riduzione dei valori di LDL dovrà essere ≥ 50%.8. Negli adulti di 40-75 anni senza diabete e con un rischio di ASCVD a 10 anni ‘intermedio’ (7,5% – 19,9%), la presenza di fattori favorenti il rischio suggerisce l’avvio di una terapia con statine. Per ‘ fattori favorenti il rischio’ si intendono: storia di ASCVD familiare prematura, livelli di LDL persistentemente elevati (≥ 160 mg/dl), sindrome metabolica, malattia renale cronica, storia di preeclampsia o di menopausa prematura (cioè prima dei 40 anni), disordini infiammatori cronici (come artrite reumatoide, psoriasi, o infezione da HIV); appartenenza a gruppi etnici ad alto rischio (come i sud-est asiatici), elevazione persistente dei trigliceridi (≥175 mg/dl); eventuale aumento dell’apolipoproteina B (≥ 130 mg/dl), proteina C reattiva ad elevata sensibilità ≥ 2,0 mg/dl, indice caviglia-braccio < 0,9 e lipoproteina (a) ≥50 mg/dl. La presenza di questi fattori favorenti il rischio potrebbe suggerire l'inizio di una terapia con statine nei soggetti con rischio cardiovascolare a 10 anni ‘bordeline' (tra il 5% e il 7,5%).9. Negli adulti di 40-75 anni senza diabete, con valori di LDL da ≥70 mg/dl a 189 mg/dl e un rischio di ASCVD a 10 anni intermedio (7,5% - 19,9%), se si è incerti nell'iniziare o meno una terapia con statine, si può ricorrere alla misurazione del calcio coronarico (CAC). Se il CAC è zero, allora si potrà evitare e rimandare il trattamento con statine, tranne nei fumatori, nei soggetti con diabete, e in presenza di una storia familiare importante di ASCVD prematura. Un CAC score da 1 a 99 suggerisce l'inizio di una terapia con statine, soprattutto al di sopra dei 55 anni. La terapia con statine è infine indicata in tutti i soggetti con CAC score ≥ 100.10. Valutare l'aderenza e la percentuale di risposta (rispetto ai valori basali) ai farmaci ipocolesterolemizzanti e al cambiamento di stile di vita, attraverso ripetute misurazione dei lipidi plasmatici 4-12 settimane dopo l'avvio della terapia con statine o dopo un adeguamento posologico, che andrà poi ripetuto ogni 3-12 mesi se necessario. Nei soggetti ad altissimo rischio, un valore di LDL ≥ 70 mg/dl dovrebbe portare all'aggiunta di terapie non statiniche. Le linee guida consigliano di effettuare il primo esame del colesterolo tra i 9 e gli 11 anni, poi di nuovo verso i 17-21 anni. Non esistono al momento evidenze sufficienti per dare consigli precisi sul timing del controllo del colesterolo nei giovani adulti. Maria Rita Montebelli 11 novembre 2018 © Riproduzione riservata Altri articoli in Scienza e Farmaci : AHA /1 Colesterolo: presentate le nuove linee guida delle società americane di cardiologia
Quanto tempo ci vuole per abbassare il colesterolo con le statine?
Come agiscono le statine – Le statine vengono assunte in compresse o capsule per via orale Le statine bloccano l’attività dell’enzima HMG – CoA reduttasi (hidrossi – metil – glutaril – coenzima A – reduttasi) necessario per la sintesi del a livello epatico. Le statine sono selettive, ovvero sono in grado di ridurre la sintesi del colesterolo LDL (quello “cattivo”), lasciando inalterata l’azione del colesterolo HDL (quello “buono”).
Cosa non mangiare quando si prendono le statine?
Il colesterolo è una sostanza grassa che si trova in tutto l’organismo ed è fondamentale per il normale funzionamento delle cellule. Questa molecola contribuisce infatti alla digestione e alla sintesi della vitamina D, conferisce la necessaria fluidità e stabilità alla membrana cellulare, concorre alla costruzione delle pareti cellulari, soprattutto delle cellule del sistema nervoso.
È il precursore di importanti ormoni sessuali maschili e femminili (androgeni ed estrogeni), previene le malformazioni fetali e probabilmente favorisce la lotta contro i radicali liberi. L’organismo è in grado di produrre tutto il colesterolo necessario, ma una parte viene assimilata attraverso l’alimentazione.
Quando diventa troppo, può accumularsi sulle pareti delle arterie sotto forma di placca; con il passare del tempo le placche possono far restringere o indurire le arterie, cioè provocare l’aterosclerosi, impedendo il normale afflusso di sangue al cuore.
Il colesterolo totale che può essere misurato a livello sanguigno è formato da diversi componenti, ossia: le lipoproteine di tipo Hdl, o colesterolo buono, lavorano per ripulire le arterie; e quelle di tipo Ldl e non hdl, note come colesterolo cattivo, fanno sostanzialmente il contrario. Ciò accade quando la quantità di colesterolo in circolo è in eccesso, altrimenti queste componenti svolgono un compito importante, cioè distribuire il colesterolo nelle cellule.
I livelli del colesterolo sono influenzati da diversi fattori, l’alimentazione in primis, poi a seguire il patrimonio genetico, il peso, l’esercizio fisico, il fumo, l’età e infine il sesso (la menopausa, spesso, è connessa con un aumento del colesterolo cattivo).
Il colesterolo aumenta se si assumono troppi grassi saturi, che si trovano soprattutto nei prodotti di origine animale. In realtà le cose non sono così semplici. Questi lipidi sono indubbiamente da limitare, ma dagli studi escono parzialmente assolti. Nella dieta ci sono invece altre sostanze più insidiose.
Per esempio, i grassi insaturi trans e idrogenati, che alterano il metabolismo di alcuni lipidi, facendo salire il colesterolo (quello cattivo, ovviamente!). La ricerca scientifica ha anche valutato l’impatto degli zuccheri (cibi e farine raffinate, dolci e bevande gassate).
- Per esempio, uno studio del 2010, che ha seguito 6113 statunitensi per sette anni (1999-2006), ha riscontrato presso “gli adulti una correlazione statisticamente significativa tra zuccheri aggiunti e livelli di lipidi nel sangue”.
- Quindi fette biscottate, riso, pane e pasta raffinati, pane in cassetta, brioches e merendine di vario tipo, tutti alimenti a rapida digestione, portano a un aumento dei grassi ematici.
Detto questo non significa che si debbano eliminare i carboidrati dalla dieta, bensì preferire i cereali integrali provenienti da chicco integro, fonte non solo di zuccheri buoni ma anche di fibre, sali minerali e vitamine.
Come capire se le statine fanno male?
Mialgia da statine 29 agosto 2016 La mialgia da statine è un dolore muscolare che si manifesta in soggetti ch. Mialgia da statine La “mialgia da statine” è un dolore muscolare che si sviluppa in un 10% dei pazienti utilizzatori di statine. Il dolore si manifesta come stanchezza muscolare e crampi improvvis i, spesso notturni.
- La mialgia da statine è dovuta all’azione delle statine che interferiscono con la sintesi del colesterolo.
- Il colesterolo, si produce naturalmente ad opera di numerosi enzimi a partire dall’AcetilCoenzimaA.
- Il problema principale è che, con la stessa “cascata sintetica” si produce un importantissimo componente indispensabile ai miociti: l’ubiquinone la cui mancanza provoca i fastidiosi effetti descritti.
Precisamente le statine (sia naturali che sintetiche) vanno a impedire la trasformazione dell’ HMG-CoA in acido mevalonico, interrompendo la sintesi del colesterolo. Ma poche reazioni successive, a livello del farnesil-pirofosfato, si sintetizza l’ubiquinone (o Coenzima Q10).
I l conzima Q10 (ubiquinone) è un trasportatore di elettroni all’interno dei mitocondri, che sono gli organelli deputati alla produzione di energia. Il muscolo si ritrova così indebolito e può capitare che avvengano i crampi. L’integratore prodotto da Laboratorio della Farmacia offre una integrazione ideale per soggetti in terapia con statine. per avere maggiori informazioni Staff Farmacia Madonna di Loreto
Una sua carenza fa si che la produzione di energia all’interno delle cellule non sia più efficiente. Quindi le cellule a risentirne maggiormente sono quelle cellule “avide” di energia cioè i miociti. Studi hanno dimostrato che le statine lipofile hanno una maggior incidenza di effetti collaterali legati alla mancanza di coenzima Q10 nelle cellule (simvastatina ad esempio).
Le statine idrofile, invece, hanno una minore incidenza di effetti collaterali di questo tipo. Spesso i medici di medicina generale ignorano questi effetti collaterali e non prescrivono quasi mai una integrazione per il paziente che assume statine. L’integrazione a base di Coenzima Q10 è indispensabile per soggetti giovani sportivi ed è fortemente raccomandata per tutti gli altri soggetti.
Questa integrazione fa si che la terapia sia più efficace e senza questi fastidiosi effetti collaterali. La farmacia madonna di Loreto offre a tutti i suoi clienti la propria conoscenza. : Mialgia da statine
Quali muscoli colpiscono le statine?
Statine e disturbi muscolari: i risultati di uno studio britannico • NCF Un gruppo di scienziati britannici ha condotto uno studio su 200 pazienti, età media 69 anni, che avevano sospeso, o erano sul punto di farlo, il loro trattamento anti colesterolo con le statine.
Il motivo dell’interruzione della terapia con questi farmaci era stato la comparsa di problemi ai muscoli quali dolori e/o rigidità. L’obiettivo del trial svolto nel Regno Unito era quello di verificare un’eventuale correlazione tra le statine e i disturbi muscolari sofferti da questi pazienti. Ciascun partecipante, in modo casuale e senza sapere cosa stava assumendo, è stato sottoposto a sei periodi alternati di cura, della durata di due mesi ciascuno, durante i quali è stato trattato o con le statine o con un placebo.
Al termine di ogni periodo di 60 giorni, i pazienti hanno compilato un formulario assegnando un punteggio da 1 a 10 relativo ai disturbi muscolari registrati. I parametri proposti erano i seguenti:
rigidità; dolore; intensità delle contratture muscolari (crampi); debolezza.
I risultati emersi dall’indagine scientifica hanno consentito al team britannico di concludere che non vi erano differenze di punteggio tra i periodi nei quali i pazienti avevano assunto statine e quelli dove invece era stato somministrato solamente il placebo.
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista In sintesi, quindi, i ricercatori hanno dimostrato che le statine non provocano disturbi ai muscoli. La percentuale di partecipanti che hanno interrotto la terapia con statine durante la ricerca è risultata pari al 9% contro il 7% di quelli che hanno fatto la stessa cosa durante il periodo di trattamento con il placebo.
Tale differenza non è significativa sul piano statistico, hanno affermato gli autori dello studio. Il 66% di coloro che hanno portato a termine la sperimentazione ha in seguito ricominciato ad assumere statine per abbassare la colesterolemia. I risultati ottenuti hanno destato una certa sorpresa perché il fatto che le statine possano causare dolori alla muscolatura striata è considerato un fatto praticamente assodato.
Una delle ipotesi per spiegare questa apparente contraddizione consiste nella possibilità che, essendo i dolori muscolari comunque comuni nella fascia di età dei pazienti che assumono in genere le statine, si sia attribuito a questa categoria di farmaci, in modo erroneo, un ruolo causale che invece è inesistente.
Si tratterebbe quindi di una mera coincidenza. La tipologia del trial condotto nel Regno Unito viene definita tecnicamente “n-of-1”. Ogni singolo paziente viene sottoposto, casualmente e senza sapere cosa gli viene somministrato così come lo ignora anche il suo medico personale, a trattamenti alternati con il farmaco che si vuole studiare o con un placebo.
L’efficacia di questa tecnica sperimentale risulta buona perché è lo stesso paziente a sperimentare di persona gli effetti della somministrazione delle sue sostanze, consentendo quindi di verificare un eventuale rapporto di causalità tra l’agente terapeutico e gli effetti collaterali presentati. Gli autori dello studio, commentando i risultati ottenuti, hanno affermato: “L’analisi della nostra serie di studi n-of-1 non ha rilevato alcun effetto complessivo delle statine sui sintomi muscolari nei partecipanti selezionati sulla base di gravi sintomi muscolari ma nessun aumento importante dei livelli di enzimi durante il precedente trattamento con statine.
La mancanza di effetto nei pazienti che hanno completato lo studio, combinata con il basso numero di interruzione a causa di sintomi muscolari, suggerisce un effetto nocebo tra i consumatori di statine”. : Statine e disturbi muscolari: i risultati di uno studio britannico • NCF
Quanto deve essere alto il colesterolo per avere un infarto?
Colesterolo alto, rischio infarto e ictus anche per gli under 40: +20% nell’ultimo decennio. Arriva app CardioRisk che consente di saperlo 10 anni prima 13 feb 2023 S24 Esclusivo per Sanità24 Un esercito scende in campo contro il colesterolo, killer silenzioso e nemico numero uno del cuore.2.000 cardiologi, 40.000 medici di famiglia e 80.000 farmacisti, per la prima volta insieme così numerosi, in prima linea per combattere il colesterolo alto, che oggi minaccia la salute di un italiano su due.
Fin dalla giovane età: secondo uno studio presentato all’American College of Cardiology, negli ultimi dieci anni gli infarti negli under 40 sono aumentati del 2% l’anno in proporzione a quelli registrati negli over 40 e il colesterolo elevato è risultato il fattore di rischio più rilevante per gli attacchi cardiaci ‘precoci’.
Perciò conoscere il proprio livello di colesterolo fin da giovani è cruciale per valutare il rischio cardiovascolare complessivo e mantenersi in salute a lungo. Per questo nasce il progetto Il tuo colesterolo, promosso dalla Società Italiana di Cardiologia, con il sostegno della Federazione italiana medici di dfamiglia, della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie e della Federazione Ordini Farmacisti Italiani.
- Attraverso il sito e con la app CardioRisk collegata e gratuita, tutti i cittadini potranno sapere se e quanto sono in pericolo, imparando anche i passi fondamentali per ridurre il colesterolo e quindi la probabilità di eventi cardiovascolari.
- La app è un calcolatore del rischio cardiovascolare a 10 anni molto semplice da utilizzare, che consente di misurare il colesterolo “cattivo’ Ldl” e fornire indicazioni sulla strategia migliore per tenerlo sotto controllo.«Il colesterolo Ldl è una sostanza prodotta dal fegato e presente nel sangue, necessaria, tra l’altro, per formare membrane cellulari.
Però, accumulandosi nelle arterie, può avviare reazioni infiammatorie che portano alla formazione di placche aterosclerotiche che poi possono occludere i vasi coronarici e cerebrali, causando eventi cardiovascolari gravi – spiega Pasquale Perrone Filardi, presidente Sic, responsabile scientifico del progetto e Professore Ordinario di Cardiologia all’Università Federico II di Napoli –.
Oggi sappiamo che il colesterolo Ldl è il valore più importante da conoscere e più basso è meglio è, perché è quello strettamente connesso al pericolo di eventi cardiovascolari. Se il colesterolo totale è inferiore a 200 mg/dL ma quello Ldl è elevato, il pericolo è comunque alto, mentre per ogni riduzione di 40 mg/dL del colesterolo Ldl scende del 20% il pericolo di infarti e ictus.
La app CardioRisk, aiutando a calcolare il valore di Ldl a partire da quello totale, dal colesterolo HDL e dai trigliceridi che abitualmente vengono monitorati attraverso gli esami del sangue, è perciò uno strumento utilissimo per prendere consapevolezza del proprio grado di rischio, aiutando anche a inserire il valore di colesterolo Ldl nel contesto della propria situazione clinica.
- Non esiste infatti un colesterolo Ldl “normale” bensì un valore ottimale da raggiungere sulla base della propria condizione personale».
- «Purtroppo stiamo assistendo a un aumento degli eventi cardiovascolari nei giovani, anche con meno di 40 anni – aggiunge Ciro Indolfi, past-president SIC, co-responsabile scientifico del progetto, Professore Ordinario di Cardiologia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Cardiologia, Università Magna Graecia di Catanzaro -.
Considerando quanto il colesterolo alto sia un elemento decisivo per il rischio cardiovascolare, è importante che tutti conoscano i propri valori, fin da giovani anche per far emergere i casi di ipercolesterolemia familiare, una predisposizione genetica al colesterolo alto, nei quali la probabilità di infarti e ictus è molto elevata.
- Sarà così possibile avere un quadro più pereciso dell’effettivo rischio cardiovascolare e dell’obiettivo di colesterolo Ldl a cui mirare, che inevitabilmente è diverso per ciascuno in base agli altri elementi individuali di rischio.
- L’App ha un’altra grande utilità cioè quella di aiutare ad interpretare i risultati delle analisi ematochimiche (magari effettuate proprio in farmacia o in un laboratorio) e a capire quali sono i valori “ottimali” o i valori “patologici” del colesterolo sulla base delle caratteristiche del singolo soggetto per consigliare una strategia più opportuna» conclude Indolfi.La app e il sito del progetto Il tuo colesterolo nascono proprio per diffondere questa nuova consapevolezza del rischio cardiovascolare, che deve essere valutato su base individuale e non semplicemente considerando il “numero” del colesterolo.
«La app, attraverso poche e semplici domande, consente a chiunque di stimare in pochi passi il rischio individuale di infarti e ictus a dieci anni, tenendo conto di tutti i fattori coinvolti. Il colesterolo LDL deve dunque essere inquadrato nella situazione del singolo.
In una persona senza altri fattori di rischio cardiovascolare il valore desiderabile può essere inferiore a 116 mg/dL, ma in presenza di altri fattori se il rischio è moderato occorre arrivare sotto ai 100 mg/dL, se il rischio è elevato bisogna scendere sotto i 70 mg/dL, se è molto elevato è importante mantenere il colesterolo Ldl sotto i 55 mg/dL» precisa Perrone Filardi.«Il rischio complessivo viene valutato tenendo conto di molti elementi ed è per questo che l’app CarioRisk si rivela fondamentale per tutti i cittadini – puntualizza Indolfi – In maniera semplice e rapida può dare un’indicazione decisiva, aiutando anche a impostare una strategia personalizzata per la riduzione del colesterolo Ldl, che in alcuni pazienti che hanno avuto ripetuti infarti deve essere molto basso, inferiore a 40 mg/dL.
App e sito sono peraltro a disposizione anche dei cardiologi, dei medici di famiglia e dei farmacisti per fornire loro un rapido aggiornamento su tutte le opzioni terapeutiche a disposizione per il controllo delle dislipidemie».Medici di medicina generale e farmacisti sono infatti per la prima volta tutti assieme in un’alleanza anti-colesterolo.«Il raggiungimento dell’obiettivo di una importante riduzione del rischio di sviluppare malattie cardio-vascolare, tra cui infarto e ictus, attraverso una riduzione del livello di colesterolo nel sangue, può essere raggiunto solo se il paziente partecipa attivamente, insieme ai professionisti sanitari, al suo percorso di cura, innanzitutto con la possibilità di fare un’autovalutazione, grazie anche all’uso di App.
È da qui che inizia la conoscenza del livello di rischio legato alla concentrazione di colesterolo nel sangue, per arrivare alla possibilità di personalizzare le opzioni terapeutiche, basate sia sulle scelte di adeguati stili di vita che di farmaci appropriati, lì dove necessari – dichiara Walter Marrocco, responsabile Scientifico Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) – In pratica, è fondamentale, valutare sistematicamente il paziente e avviarlo a trattamento il più precocemente possibile, aiutandolo però a realizzare un ulteriore elemento di particolare importanza come l’aderenza terapeutica, cioè l’assunzione corretta dei farmaci prescritti dal medico, che attualmente si osserva solo nel 40-45% dei pazienti in cura.
L’aderenza però va sostenuta da tutti gli operatori sanitari, primo fra tutti il Mmg, che notoriamente può avere un contatto precoce e prolungato nel tempo con il paziente».«Il progetto “Il tuo colesterolo” permette a ogni singola persona di essere gestore della propria salute attraverso una informazione corretta, continua e personalizzata del rischio cardiovascolare – afferma Ovidio Brignoli, Vicepresidente Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (Simg).
Un sito creato e governato dalle società scientifiche metterà a disposizione delle persone tutte le informazioni necessarie sul rischio cardiovascolare e grazie ad una app ogni singola persona potrà valutare in modo rigoroso e continuo il rischio globale individuale. Con questi dati le persone potranno recarsi dal Mmg e dallo specialista per concordare con loro lo stile di vita più adeguato, le terapie corrette e gli eventuali accertamenti da fare nel tempo».”Crediamo molto in questa alleanza tra cardiologi, medici di medicina generale e farmacisti per migliorare la prevenzione e la gestione dell’ipercolesterolemia, contribuendo a ridurre l’impatto delle malattie cardiovascolari sulla salute degli italiani e sui costi per il Ssn – afferma Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (Fofi).
La rete dei farmacisti di prossimità è oggi parte integrante del processo di cura e delle attività di prevenzione. L’apporto del farmacista, con la sua competenza, la vicinanza e il legame di fiducia con il cittadino, è fondamentale per promuovere corretti stili di vita, intercettare i soggetti a rischio e verificare l’aderenza alla terapia.
Questo progetto conferma il ruolo della Farmacia dei servizi come presidio essenziale per la tutela della salute dei cittadini e il valore delle sinergie interprofessionali nella lotta alle cronicità». © RIPRODUZIONE RISERVATA : Colesterolo alto, rischio infarto e ictus anche per gli under 40: +20% nell’ultimo decennio.
Arriva app CardioRisk che consente di saperlo 10 anni prima
Chi prende Atorvastatina?
L’Atorvastina è impiegata nel trattamento del colesterolo alto e per ridurre il rischio di ictus, infarto o altre complicazioni cardiovascolari in chi convive con diabete di tipo 2, malattie coronariche o altri fattori di rischio per la salute di cuore e arterie.
Qual è il miglior farmaco per abbassare il colesterolo?
Le statine sono la più importante classe di farmaci per il trattamento del colesterolo alto; la loro assunzione consente di ridurre il colesterolo cattivo e, in minima parte, di aumentare quello buono, riducendo così il rischio cardiovascolare.
Perché le statine fanno male i muscoli?
Miotossicità indotta da statine: perché si verifica? – La miotossicità indotta da statine si presenta come affaticamento, dolore muscolare, dolorabilità, debolezza muscolare, crampi notturni o dolore ai tendini. Un’indagine retrospettiva su 45 pazienti con miopatia associata a statine ha mostrato che il tempo di insorgenza dei sintomi muscolari è in media di 6 mesi, mentre il tempo di risoluzione dei sintomi è stato riportato di circa 2 mesi dopo l’interruzione della statina. La miotossicità indotta da statine è dipendente dalla concentrazione. McClure et al. nel 2007 hanno rilevato molteplici casi di miosite nel database di ricerca di medicina generale del Regno Unito tra il 1999 e il 2003. Si è visto che una dose media giornaliera elevata di statine in monoterapia (>40 mg al giorno) conferisce un rischio di miosite sei volte maggiore. A sostegno di ciò, uno studio osservazionale condotto nel 2005 su quasi 8.000 pazienti iperlipidemici ha rivelato che la miosite indotta da statine ad alto dosaggio (80 mg di fluvastatina, 40 o 80 mg di atorvastatina, 40 mg di pravastatina, 40 o 80 mg di simvastatina) è ampiamente sottostimata. È difficile progettare e riportare studi sulla miotossicità indotta da statine a causa della sua eterogeneità e della sua classificazione non standardizzata. Clinicamente, la miotossicità indotta da statine può essere valutata soggettivamente e oggettivamente. L’esempio più comune di valutazione soggettiva è data dalla rilevazione dei sintomi del paziente mentre la valutazione oggettiva è data dalle concentrazioni plasmatiche di creatina chinasi (CK). Sebbene sia i parametri soggettivi che quelli oggettivi siano spesso applicati nella diagnosi di miotossicità indotta da statine grave come la miopatia e la rabdomiolisi, le forme più lievi di mialgia vengono comunemente diagnosticate usando solo i sintomi. Pertanto, i diversi approcci utilizzati possono spiegare il tasso di incidenza variabile della miotossicità indotta da statine, così come i risultati non replicati. Quindi sono stati intrapresi vari sforzi dal campo accademico per proporre definizioni adeguate di miotossicità indotta da statine. Nel 2014 è stata proposta una classificazione di sei categorie di miotossicità correlata alle statine da parte dell’European Phenotype Standardization Project, che includeva un tipo di miotossicità indotta da statine rara e scoperta di recente: la miopatia anti-HMGCR, Si tratta di un sottotipo di miosite necrotizzante autoimmune-mediata, caratterizzata da grave debolezza prossimale, necrosi delle miofibre e coinvolgimento extramuscolare occasionale. Oltre al raggruppamento fenotipico, la National Lipid Association ha proposto un algoritmo di punteggio dell’indice di mialgia delle statine. Nonostante la pletora di definizioni di miotossicità indotta da statine tutti concordano sul fatto che la miotossicità può verificarsi con o senza elevazione CK. Sfortunatamente, la patogenesi della miotossicità indotta da statine non è stata stabilita chiaramente e questo complica ulteriormente la sua classificazione. Ad oggi sono diversi i meccanismi responsabili proposti, tra cui i seguenti:
Un’interruzione della fornitura di farnesile e geranil pirofosfato, che risulta dal blocco provocato dalle statine sui prodotti a valle della via del mevalonato. Questi due prodotti finali sono coinvolti nel mantenimento della crescita cellulare e nella prevenzione dell’apoptosi. Questa ipotesi è stata proposta quando l’inibitore dello squalene sintasi, che blocca la sintesi del colesterolo senza influenzare altri prodotti finali della via del mevalonato, non ha indotto miotossicità in vitro. È stato dimostrato che le statine riducono il contenuto di colesterolo nelle cellule del muscolo scheletrico, il che disturba la stabilità della membrana cellulare. Poiché i canali e i trasportatori degli ioni vengono incorporati nella membrana, è stato suggerito che un cambiamento nella struttura della membrana delle cellule scheletriche potrebbe disturbare la conduttanza ionica, compromettendo così l’eccitabilità della membrana muscolare. Disfunzione mitocondriale derivante dalla deplezione del coenzima Q 10 e dalla perdita di ioni calcio (Ca2+). È stato dimostrato che il trattamento con statine dissocia la proteina legante FK506 dal recettore 1 della rianodina (RYR1), che è importante per la regolazione del calcio all’interno del reticolo sarcoplasmatico (SR). Ciò porta a un rilascio eccessivo di Ca 2+ e provoca diversi disturbi muscolari tra cui miopatia e distrofia. Poiché RYR1 è associato alla segnalazione proapoptotica attraverso specie reattive di azoto e/o ossigeno, la sua destabilizzazione indotta dall’uso delle statine probabilmente è responsabile della tossicità che si sviluppa sui muscoli scheletrici.
Quando il valore del colesterolo è preoccupante?
Quando è pericoloso – Ma come facciamo a sapere se abbiamo superato il livello di guardia? Dato che il colesterolo alto non provoca di per sé alcun sintomo, c’è soltanto un modo: fare gli esami del sangue, che devono essere tanto più frequenti quanto l’età aumenta.
- Il primo campanello d’allarme ce lo danno i valori del colesterolo totale, che non dovrebbero mai superare i 200 mg/dl; tra 200 e 239 si parla di colesterolo moderatamente alto, una condizione in cui si trova il 37% dei maschi e il 34% delle donne.
- Al di sopra dei 240 mg/dl si parla, infine, di colesterolo alto.
Per avere una stima migliore del rischio di incorrere in complicazioni cardiovascolari, bisogna, però, guardare anche alla composizione di quel valore totale. Nel sangue, infatti, il colesterolo può essere legato a due differenti tipi di proteine, che danno origine rispettivamente al ” colesterolo cattivo” ( LDL ), correlato con un rischio maggiore di sviluppare patologie cardiovascolari, e al ” colesterolo buono ” ( HDL ).
- Il primo, LDL, dovrebbe restare al di sotto dei 130 mg/dl (valore ottimale è 100) e il secondo, HDL, sopra i 39 nell’uomo e sopra i 45 nella donna.
- La strategia migliore per evitare di incappare nei problemi legati a un eccesso di colesterolo è cercare di evitare che i valori si alzino, cosa possibile perché nell’insorgenza dell’ipercolesterolemia gli stili di vita hanno in genere un ruolo di grande rilievo.
Ovviamente, bisogna a maggior ragione attenersi a sane abitudini alimentari quando il fatidico livello di 200 è già stato superato.
Quanto deve essere il colesterolo in una donna di 60 anni?
Colesterolo: i valori di riferimento – Per quanto riguarda il colesterolo LDL si fa riferimento a dei valori normali con livelli inferiori a 130. Fino a 159 il rischio cardiovascolare è basso, mentre oltre diventa alto. Si parla di valori normali per il colesterolo totale fino a 199, mentre tra 200 e 239 si è “a basso rischio”.
Cosa fare con il colesterolo a 200?
Valori del colesterolo – Ma quali sono i valori massimi per il colesterolo cattivo? Secondo le ultime linee guida della Società Europea di Cardiologia, la quantità di colesterolo LDL dovrebbe rimanere entro i 70-100 mg, Per diminuire ulteriormente i rischi, il valore di quello HDL dovrebbe essere superiore ai 40 mg,
Più in generale, il colesterolo totale deve rientrare fra i 120 mg/dl e i 220 mg/dl, I valori compresi fra i 200 e i 220 mg/dl già iniziano a essere preoccupanti: se i tuoi valori si attestano in questa fascia, è bene effettuare degli esami ed, eventualmente, correre ai ripari. Esiste anche un Indice di Rischio Cardiovascolare (IRC) misurato in funzione dei livelli di colesterolo nel sangue: è ottenuto dal rapporto tra il colesterolo cattivo e quello buono,
Il suo valore, tendenzialmente, deve essere inferiore a 5 per gli uomini e a 4,5 per le donne. Insomma, si parla di:
Colesterolo normale se i valori oscillano tra i 120 e i 220 mg/dl. Colesterolo alto sono superiori a 220 mg/dl. Colesterolo basso se inferiore ai 200 mg/dl.
Se vuoi saperne di più, leggi il nostro approfondimento sul colesterolo basso,
Come abbassare il colesterolo cattivo senza farmaci?
Cosa si può prendere al posto delle statine? – In alternativa alle statine, possono essere considerati gli integratori a base policosanoli, berberina, olii vegetali ricchi di omega-3, fibra alimentare (beta-glucani) e integratori di niacina, Tuttavia, è essenziale discutere con il proprio medico prima di apportare qualsiasi cambiamento alla terapia prescritta.
Perché l’acqua frizzante abbassa il colesterolo?
Tutta la verità sull’acqua gassata: fa bene o male? è difficile districarsi tra i pareri di medici e nutrizionisti. C’è chi sostiene che la famosa acqua con le bollicine abbassi la pressione, chi la preferisce alla naturale per sapore. Chi addirittura non può farne a meno per dissetarsi.
- Ma quali sono i benefici dell’acqua frizzante? E i contro? Per il nutrizionista dietista Alexandra Murcier, membro dell’Associazione francese Dietologi nutrizionisti, la bevanda non gioca nessun ruolo nella perdita di peso.
- Al contrario, “a causa del sale che contiene, aumenta l’appetito e favorisce la ritenzione idrica”.
E a proposito di sali: sarebbe controindicata per le persone che soffrono di pressione alta. I nutrienti contenuti in una bottiglia di acqua gassata possono equivalere a quelli dell’acqua di rubinetto potabile. È importante saper leggere bene le etichette e scegliere prodotti che facciano al caso di ciascuno.
- Occorre sempre considerare livello di pressione, problemi di ritenzione idrica, fabbisogno di calcio o quantità di residuo fisso indicato sulla confezione.
- Aiuta contro i reumatismi e il colesterolo? È vero.
- In realtà, è l’insieme di elementi contenuti nell’acqua frizzante che può aiutare nel caso di calcoli renali, colesterolo o diabete.
L’anidride carbonica aiuta a mantenere l’equilibrio del colesterolo LDL, causa principale dell’infarto. Bere un litro di acqua minerale al giorno abbassa in modo significativo i livelli di colesterolo nel sangue. L’acqua gassata dunque, ha le stesse proprietà di quella naturale.
Si tratta della stessa bevanda a cui è solo aggiunta anidride carbonica alimentare. Le differenze dipendono dalla fonte da cui proviene, che può essere più o meno ricca di minerali e determinare un sapore più delicato o più “duro”. La scelta di quale acqua bere dipende dunque dalle abitudini e dal gusto.
Nel Nord Italia, per esempio, si preferisce quella decisamente frizzante. Mentre nel Centro e nel Sud si opta per quella lievemente frizzante, perché le sorgenti producono per la maggior parte acqua poco gassata. Quella leggermente gassata è consigliata anche per chi pratica sport.
Quali sono i sintomi di chi soffre di colesterolo alto?
Quali sono i 5 sintomi del colesterolo alto? – La maggior parte delle persone con il colesterolo alto non ha alcun sintomo, è l’aterosclerosi che determinando il restringimento delle arterie finisce per essere la causa di problemi al cuore o al cervello.
Dolore o formicolio alle estremità del corpo, il restringimento dei vasi sanguigni è la causa di problemi circolatori e quindi di fastidi a mani e piedi. Mal di testa a causa della cattiva circolazione sanguigna è facile che si soffra spesso di mal di testa, da tenere sotto controllo per il rischio ictus. Il colesterolo alto può causare anche vertigini, ma solo in caso di ipertensione o problemi cardiaci. Problemi agli occhi, accumuli di colesterolo sulle palpebre ( xantelasmi ) sono indice di alti livelli di colesterolo nel sangue. E non solo, una vista appannata insieme al mal di testa sono i sintomi collaterali, se improvvisamente qualcosa non va bene meglio fare un check-up del colesterolo il prima possibile. Depositi di grasso, si formano tra il muscolo e la pelle. A qualsiasi età e in qualsiasi parte del corpo, con il colesterolo alto è facile che si formino lipomi, in particolare nella zona addominale. Stanchezza, con alti livelli di colesterolo può capitare di sentirsi senza energia. Prurito, fastidi e piccole macchie sono sintomi di colesterolo cattivo. La cattiva circolazione sanguigna impoverisce la pelle e la rende secca e rugosa. Le zone più soggette sono le guance, la fronte e le labbra. Vampate di calore o rossori, specialmente sul viso ma anche macchie scure, tutti segnali ai quali dedicare attenzione, basta un esame del sangue.
Quando si può smettere di prendere le statine?
I benefici delle statine aumentano con il tempo. Interrompere la terapia non è una buona idea Smettere non è una buona idea. Nel caso delle statine, interrompere la terapia significa rinunciare ai vantaggi a lungo termine. Così sostiene uno studio della Queen Mary University di Londra presentato al congresso dell’European society of Cardiology (ESC) secondo il quale i benefici dei farmaci per abbassare il colesterolo superano il rischio degli eventi avversi.
- I ricercatori non usano giri di parole e liquidano le opinioni controverse degli ultimi anni tagliando la testa al toro: le statine funzionano ed è bene assumerle a lungo.
- «Lo studio indica che le persone di 40 anni con un’alta probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari e le persone di tutte le età con malattie cardiache esistenti, dovrebbero valutare di iniziare immediatamente il trattamento ipocolesterolemizzante.
Interrompere il trattamento, a meno che non sia consigliato da un medico, non sembra essere una scelta saggia», afferma Runguo Wu della Queen Mary University di Londra. Le statine sono tra i farmaci anticolesterolo più usati al mondo. Nel 2018 venivano assunte da oltre 145 milioni di persone nel mondo.
Il nuovo studio ha cercato di rispondere a queste domande stimando i benefici delle statine in base all’età a cui si inizia la terapia utilizzando un modello di simulazione sviluppato sui dati di 118mila partecipanti a grandi studi internazionali e di 500mila individui selezionati dalla biobanca del Regno Unito.Combinando le informazioni sulle caratteristiche individuali (età, sesso) e sulle malattie, i ricercatori hanno realizzato un modello matematico in grado di simulare il rischio annuale di infarto, ictus, rivascolarizzazione coronarica, diabete, cancro, morte vascolare e morte non vascolare per ciascun partecipante. Il trattamento con una dose standard di statine (40 mg al giorno) è stato utilizzato per stimare l’effetto della terapia rispetto a nessuna terapia in tre scenari differenti: terapia per tutta la vita, terapia interrotta a 80 anni di età e terapia iniziata in ritardo di cinque anni nei partecipanti di età inferiore ai 45 anni.
Il beneficio delle statine è stato misurato facendo riferimento al paramtero degli in anni di vita aggiustati per la qualità (QALY), che rappresenta la durata della vita in condizioni di buona salute. Un QALY equivale ad un anno di vita in perfetta salute.
I benefici delle statine sono stati valutati separatamente anche per quanto riguarda il rischio cardiovascolare, ossia alla probabilità di avere un infarto o ictus nei successivi 10 anni, calcolata in base all’età, alla pressione sanguigna, ai livelli di colesterolo, allo stato di fumatore e alle condizioni mediche.
I ricercatori hanno scoperto che la durata della terapia fa la differenza. Gran parte dei QALY guadagnati con la terapia con statine si sono accumulati più tardi nella vita. Maggiore è il rischio cardiovascolare a 10 anni dei partecipanti, maggiore e più rapido è il beneficio delle statine.
Rispetto alla terapia con statine per tutta la vita, l’interruzione a 80 anni di età annulla gran parte dei benefici, specialmente per le persone con rischio cardiovascolare relativamente basso. «Il nostro studio suggerisce che le persone che iniziano a prendere statine a 50 anni ma si fermano a 80 anni invece di continuare per tutta la vita perderanno il 73 per cento del beneficio sui QALY se sono a rischio cardiovascolare relativamente basso e il 36 per cento se sono ad alto rischio cardiovascolare, poiché quelli ad alto rischio iniziano a trarre beneficio prima.
Il rischio cardiovascolare delle donne è generalmente inferiore a quello degli uomini. Ciò significa che per le donne, la maggior parte del beneficio per tutta la vita delle statine si verifica più tardi nella vita e l’interruzione prematura della terapia è probabilmente più dannosa che per gli uomini», spiega Wu.
Nelle persone di età inferiore ai 45 anni che soffrono di ipercolesterolemia ma sono a basso rischio cardiovascolare, il che significa una probabilità inferiore al 5 per cento di infarto o ictus nei successivi 10 anni, un ritardo di cinque anni nell’assunzione delle statine non compromette i benefici della terapia.
È diverso per le persone di età inferiore ai 45 anni ad alto rischio cardiovascolare, il che significa una probabilità di oltre il 20 per cento di infarto o ictus nei successivi 10 anni: questa categoria di pazienti perde il 7 per cento del potenziale beneficio sui QALY assicurato dalla terapia permanente.
Quali sono i valori del colesterolo da preoccuparsi?
Quando è pericoloso – Ma come facciamo a sapere se abbiamo superato il livello di guardia? Dato che il colesterolo alto non provoca di per sé alcun sintomo, c’è soltanto un modo: fare gli esami del sangue, che devono essere tanto più frequenti quanto l’età aumenta.
Il primo campanello d’allarme ce lo danno i valori del colesterolo totale, che non dovrebbero mai superare i 200 mg/dl; tra 200 e 239 si parla di colesterolo moderatamente alto, una condizione in cui si trova il 37% dei maschi e il 34% delle donne. Al di sopra dei 240 mg/dl si parla, infine, di colesterolo alto.
Per avere una stima migliore del rischio di incorrere in complicazioni cardiovascolari, bisogna, però, guardare anche alla composizione di quel valore totale. Nel sangue, infatti, il colesterolo può essere legato a due differenti tipi di proteine, che danno origine rispettivamente al ” colesterolo cattivo” ( LDL ), correlato con un rischio maggiore di sviluppare patologie cardiovascolari, e al ” colesterolo buono ” ( HDL ).
Il primo, LDL, dovrebbe restare al di sotto dei 130 mg/dl (valore ottimale è 100) e il secondo, HDL, sopra i 39 nell’uomo e sopra i 45 nella donna. La strategia migliore per evitare di incappare nei problemi legati a un eccesso di colesterolo è cercare di evitare che i valori si alzino, cosa possibile perché nell’insorgenza dell’ipercolesterolemia gli stili di vita hanno in genere un ruolo di grande rilievo.
Ovviamente, bisogna a maggior ragione attenersi a sane abitudini alimentari quando il fatidico livello di 200 è già stato superato.
Cosa non mangiare quando si prendono le statine?
Il colesterolo è una sostanza grassa che si trova in tutto l’organismo ed è fondamentale per il normale funzionamento delle cellule. Questa molecola contribuisce infatti alla digestione e alla sintesi della vitamina D, conferisce la necessaria fluidità e stabilità alla membrana cellulare, concorre alla costruzione delle pareti cellulari, soprattutto delle cellule del sistema nervoso.
È il precursore di importanti ormoni sessuali maschili e femminili (androgeni ed estrogeni), previene le malformazioni fetali e probabilmente favorisce la lotta contro i radicali liberi. L’organismo è in grado di produrre tutto il colesterolo necessario, ma una parte viene assimilata attraverso l’alimentazione.
Quando diventa troppo, può accumularsi sulle pareti delle arterie sotto forma di placca; con il passare del tempo le placche possono far restringere o indurire le arterie, cioè provocare l’aterosclerosi, impedendo il normale afflusso di sangue al cuore.
Il colesterolo totale che può essere misurato a livello sanguigno è formato da diversi componenti, ossia: le lipoproteine di tipo Hdl, o colesterolo buono, lavorano per ripulire le arterie; e quelle di tipo Ldl e non hdl, note come colesterolo cattivo, fanno sostanzialmente il contrario. Ciò accade quando la quantità di colesterolo in circolo è in eccesso, altrimenti queste componenti svolgono un compito importante, cioè distribuire il colesterolo nelle cellule.
I livelli del colesterolo sono influenzati da diversi fattori, l’alimentazione in primis, poi a seguire il patrimonio genetico, il peso, l’esercizio fisico, il fumo, l’età e infine il sesso (la menopausa, spesso, è connessa con un aumento del colesterolo cattivo).
- Il colesterolo aumenta se si assumono troppi grassi saturi, che si trovano soprattutto nei prodotti di origine animale.
- In realtà le cose non sono così semplici.
- Questi lipidi sono indubbiamente da limitare, ma dagli studi escono parzialmente assolti.
- Nella dieta ci sono invece altre sostanze più insidiose.
Per esempio, i grassi insaturi trans e idrogenati, che alterano il metabolismo di alcuni lipidi, facendo salire il colesterolo (quello cattivo, ovviamente!). La ricerca scientifica ha anche valutato l’impatto degli zuccheri (cibi e farine raffinate, dolci e bevande gassate).
Per esempio, uno studio del 2010, che ha seguito 6113 statunitensi per sette anni (1999-2006), ha riscontrato presso “gli adulti una correlazione statisticamente significativa tra zuccheri aggiunti e livelli di lipidi nel sangue”. Quindi fette biscottate, riso, pane e pasta raffinati, pane in cassetta, brioches e merendine di vario tipo, tutti alimenti a rapida digestione, portano a un aumento dei grassi ematici.
Detto questo non significa che si debbano eliminare i carboidrati dalla dieta, bensì preferire i cereali integrali provenienti da chicco integro, fonte non solo di zuccheri buoni ma anche di fibre, sali minerali e vitamine.
Quali devono essere i valori del colesterolo?
I VALORI NORMALI DEL COLESTEROLO TOTALE, LDL, HDL E TRIGLICERIDI – Il colesterolo totale, il colesterolo LDL e HLD, oltre che i trigliceridi, si misurano in milligrammi per decilitro (mg/dl) o in millimoli per litro (mmol/l). Ecco, di seguito, i valori di riferimento del colesterolo che costituiscono
Il valore del colesterolo totale è “desiderabile” quando non supera i 200 mg/dl, Il valore del colesterolo- LDL è “desiderabile” quando non supera i 100 mg/dl, Il valore del colesterolo- HDL è “desiderabile” quando è uguale o superiore a 50 mg/dl, Il valore dei trigliceridi è “desiderabile” quando non supera i 150 mg/dl,
Ovviamente, tali valori vanno riferiti anche all’età e allo stato di salute generale del singolo individuo. Sarà, quindi, il tuo medico ad analizzare il referto delle analisi effettuate, consigliandoti, se necessario, la strategia terapeutica da adottare. : VALORI COLESTEROLO: QUALI SONO I LIVELLI OTTIMALI E OGNI QUANTO FARE LE ANALISI
Quando è meglio prendere la pastiglia per il colesterolo?
Come si assume la Simvastatina? – La Simvastatina va assunta sotto forma di compresse, per via orale, che sono somministrate preferibilmente alla sera, una volta al giorno. Il medico potrebbe inizialmente prescrivere basse dosi di Simvastatina, aumentando poi la dose gradualmente se necessario.
mal di stomaco perdita di memoria o smemoratezza costipazione stato confusionale
Il medico andrebbe subito contattato nel caso in cui questi sintomi fossero gravi o non si risolvessero. Un medico andrebbe contattato senza esitazione anche nel caso in cui l’assunzione del farmaco dia luogo a:
dolori, sensibilità o debolezza dei muscoli febbre o brividi arrossamenti vesciche gonfiore di volto, gola, lingua,, occhi, mani, piedi, o polpacci difficoltà di respirazione o di deglutizione riduzione della minzione mancanza di energia, stanchezza o debolezza perdita dell’appetito dolore nella parte alta destra dell’addome raucedine dolori articolari sensibilità alla luce